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Atto a cui si riferisce:
C.4/04878 l'accordo commerciale con il Marocco approvato dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2012, prevede l'aumento delle quote di scambio per una serie di prodotti che potranno essere importati a...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Lunedì 24 novembre 2014
nell'allegato B della seduta n. 337
4-04878
presentata da
MELONI Giorgia

Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, riguardante alcune problematiche mercantili consequenziali all'applicazione dell'accordo commerciale Unione europea e Marocco nel settore ortofrutticolo, riferisco quanto segue.
Premetto che la tematica sollevata dagli interroganti è conosciuta e seguita con attenzione dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell'ottica di tutelare il settore ortofrutticolo nazionale.
Ciò premesso, in ordine all'evoluzione degli scambi commerciali di prodotti ortofrutticoli tra Marocco e Unione europea, dopo l'accordo siglato nel 2012, faccio presente che la Commissione europea, continuamente, effettua, anche su pressione dell'Italia, il monitoraggio necessario a verificare il rispetto del suddetto accordo commerciale, in particolare per quanto riguarda le importazioni di pomodoro, prodotto maggiormente interessato dalla liberalizzazione degli scambi.
Sottolineo che la quasi totalità del pomodoro di origine marocchina viene sdoganato in Francia presso il mercato di Perpignan e da lì prosegue per le destinazioni del Centro e Nord Europa. Gli esiti del monitoraggio sono puntualmente comunicati agli Stati membri e dall'analisi delle informazioni finora ricevute risulta che, nel corso del 2013 e dei primi mesi del 2014, le importazioni sono avvenute nei limiti dei contingenti mensili fissati e che le quote addizionali sono state minime.
In Italia le importazioni di pomodoro di origine marocchina sono poco rilevanti, tanto che gli effetti della concorrenza di tale prodotto sull'attività delle nostre aziende si avvertono principalmente sui mercati del Centro-Nord Europa, ove risulta necessario sostenere la competitività della filiera italiana.
A tal proposito, ricordo che il regolamento (CE) n. 1234 del 2007 ed il regolamento (UE) n. 1308 del 2013 stabiliscono che i prodotti ortofrutticoli freschi, per poter essere commercializzati, devono essere di qualità sana, leale, mercantile e dotati di un'apposita indicazione del Paese di origine.
L'applicazione di dette norme presuppone l'istituzione di un sistema di controlli effettuati sulla base di una analisi del rischio in tutte le fasi della commercializzazione, salvo per alcuni prodotti minori, che sono appositamente esentati.
A livello nazionale, il tutto è disciplinato dal decreto ministeriale 3 agosto 2011, n. 5462 recante «Disposizioni nazionali in materia di controlli di conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi e delle banane, in attuazione del regolamento (CE) n. 1234 del 2007 del Consiglio e del regolamento (UE) di esecuzione n. 543 del 2011 della Commissione» e dalla circolare Agea Aciu n. 695 del 14 novembre 2011.
Per quanto precede, un valido strumento per affrontare le questioni sopra esposte, può essere rappresentato dall'incentivazione dell'associazionismo nell'ambito dell'Organizzazione comune dei mercati (Ocm), attraverso il finanziamento di programmi di attività realizzati da organizzazioni di produttori ortofrutticoli riconosciute.
Segnalo, infine, che nel settore ortofrutticolo, la normativa nazionale di applicazione dell'Ocm ha previsto il finanziamento di molteplici interventi a sostegno dei comparti sopra citati, comprese specifiche misure per prevenire ed affrontare situazioni di crisi. Inoltre l'Italia si è avvalsa della facoltà, prevista dallo stesso regolamento sull'Ocm, di erogare un aiuto nazionale aggiuntivo a quello europeo, a favore delle regioni dove il tasso di associazionismo è ancora basso, come la regione Sicilia, che beneficia di tale misura sin dal 2008.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali: Maurizio Martina.