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Atto a cui si riferisce:
C.5/03002 nel 2009 tra il Ministro pro tempore dello sviluppo economico, Claudio Scajola, e il Ministro dell'energia della Repubblica della Serbia, furono sottoscritti due protocolli d'intesa per...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 12 novembre 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive)
5-03002

In via preliminare, si ritiene utile fornire alcuni elementi di contesto, inerenti il quadro in cui furono redatti gli accordi del 2009 e del 2011 fra Italia e Serbia. In tale periodo il target comunitario del 17 per cento del consumo interno lordo da fonti rinnovabili assegnato all'Italia per il 2020 appariva, alla luce degli scenari allora disponibili, difficile da raggiungere pur sfruttando l'intero potenziale disponibile sul territorio nazionale. L'Italia aveva, dunque, considerato di fare ricorso a partner internazionali al fine di raggiungere gli obbiettivi e non incorrere in sanzioni comunitarie. Tale opzione era chiaramente delineata nel Piano Nazionale per le Energie rinnovabili allora redatto dall'Italia e approvato da Bruxelles.
Tuttavia, la crescita impetuosa della produzione da fonti rinnovabili e il contemporaneo calo dei consumi registrati negli ultimi anni, ha consentito al nostro Paese di raggiungere una quota da fonti rinnovabili del 13,5 per cento già al 2012, con un conseguente marcato anticipo rispetto alla tabella di marcia individuata dalla UE. Si ipotizza oggi che, al 2020, l'Italia potrà raggiungere e superare l'obiettivo assegnato.
La crescita della produzione da fonti rinnovabili ha comportato, d'altronde, un significativo incremento degli oneri di incentivazione, il cui costo in bolletta ha oggi quasi pareggiato il prezzo della commodity. Ne è conseguito un significativo incremento dei costi dell'energia per cittadini e imprese, solo parzialmente mitigato dagli effetti positivi indotti sui prezzi dell'energia dall'aumento della produzione da fonti rinnovabili (peak shaving).
È chiaro che un prezzo dell'energia alto è un elemento particolarmente critico in una fase di stagnazione del PIL in cui si rende vieppiù necessario innescare processi di ripresa dell'economia. Partendo da tale considerazione, declinata in dettaglio nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) adottata nel 2013, il Governo è intervento per ridurre il livello degli incentivi alle fonti rinnovabili in Italia, proponendone una razionalizzazione complessiva. Ciò si è reso possibile anche grazie ai positivi segnali sui costi delle tecnologie, in rapida decrescita e sempre più vicine alla così detta «grid parity».
Oggi, dunque, il valore richiamato dagli On.li Interroganti (155 euro/MWh) può apparire dissonante, specialmente se confrontato con le condizioni attualmente previste nel nostro Paese. Tale valore va però confrontato con le condizioni vigenti all'epoca, ma soprattutto, va ribadito che tale livello di incentivazione era stato previsto dall'Italia al solo fine di non incorrere in sanzioni comunitarie che sarebbero risultate ben più onerose.
In altri termini, il riferimento per giudicare tale valore deve, in ogni caso, essere la sanzione comunitaria in caso di deficit e non il livello di incentivazione necessario per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili.
Si tratta, peraltro, di un principio stabilito dalla legislazione italiana in materia, sulla base della quale è stato redatto l'accordo del 2011. Infatti, la disposizione di legge richiamata nelle interrogazioni in esame (articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011) prevede la possibilità di riconoscere con DPCM un incentivo più elevato e/o duraturo rispetto a quello nazionale, solo previa comparazione fra gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici – in termini di sanzioni – correlati al mancato raggiungimento degli obiettivi e solo nel caso in cui tale ultimo onere economico risultasse di entità maggiore del primo. La stessa attuazione dell'accordo del 2011, in effetti, è subordinata all'emanazione di tale decreto.
Ciò detto, in risposta al quesito relativo all'emanazione del DPCM previsto dall'articolo 36, comma 2 del decreto legislativo n. 28 del 2011, quindi, si può chiarire che il Governo si muoverà sulla linea appena esposta, nel pieno rispetto della normativa di settore, riconoscendo i 155 euro/MWh solo in caso di deficit dell'Italia rispetto agli obbiettivi UE. Nel caso, invece, l'Italia resti in linea con gli obbiettivi assegnati, permarrà l'accordo del 2009 che prevede il servizio di ritiro dedicato da parte del GSE, con conseguente riconoscimento del prezzo medio di mercato.
In ogni caso, al fine di dissipare ogni dubbio in proposito, si rende noto che sia il DPCM che l'Accordo, inclusivo della lista definitiva degli impianti, saranno comunque notificati alla Commissione Europea per la verifica di compatibilità con le disposizioni comunitarie, ivi incluse quelle previste per gli aiuti di stato.
Relativamente alla realizzazione del cavo sottomarino Italia-Montenegro, si rappresenta che tale interconnessione si inserisce in un piano generale di collegamento strutturale tra il sistema elettrico italiano ed il sistema elettrico dei Balcani, che consentirà il collegamento con le reti di Romania, Albania, Bosnia Herzegovina, oltre che con la Serbia.
Il cavo è inserito nel Piano di Sviluppo decennale della Rete di Trasmissione Nazionale approvato dall'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico e dal Ministero dello Sviluppo Economico e fa parte dei Progetti di Interesse Comune (PCI) approvati a Bruxelles nel dicembre 2013 Regolamento N. 1391/2013, per i quali è possibile chiedere anche un finanziamento a livello comunitario.
La realizzazione del cavo va, quindi, inquadrata in un processo di progressiva interconnessione dei mercati elettrici europei volto alla riduzione del prezzo dell'energia per i cittadini e le imprese.
Vanno, inoltre, ridimensionate le preoccupazioni espresse sull'uso privato di tale interconnessione, in quanto lo stesso Accordo del 2011 prevede che l'assegnazione della capacità di interconnessione della quota italiana sarà effettuata mediante una procedura pubblica svolta da Terna, se pur con priorità di assegnazione all'energia prodotta da fonti rinnovabili nell'ambito di progetti comuni ai sensi della Direttiva 2009/28/CE. Anche in questo caso nel pieno rispetto delle disposizioni di legge vigenti e, in particolare, dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 93 del 2011.
Per quanto riguarda infine lo stato dei lavori, si precisa che per quanto riguarda la costruzione di impianti idroelettrici in Serbia risultano espletati solo alcuni progetti delle opere da parte delle società italiane e serbe interessate.