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Atto a cui si riferisce:
C.4/05646 in occasione della visita delle interroganti a Kigali, Rwanda, (2 – 4 luglio 2014) per partecipare allo Women in Parliament-WIP Summer Summit 2014, ospitato dal Parlamento rwandese,...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 31 ottobre 2014
nell'allegato B della seduta n. 322
4-05646
presentata da
LOCATELLI Pia Elda

Risposta. — Fin dal giugno del 2012 l'ambasciata d'Italia in Kampala, competente anche per il Ruanda, ha cercato di favorire l'afflusso dei volontari del servizio civile italiano proponendo un memorandum d'intesa alle autorità di Kigali soprattutto per snellire la concessione dei visti di ingresso.
Le autorità ruandesi non hanno dato seguito alle nostre proposte nonostante i numerosi solleciti, è anzi parsa vieppiù evidente la loro contrarietà ad accogliere richieste di accreditare quali «cooperanti» o «volontari», cittadini stranieri attivi in settori o aree in cui esistono competenze ruandesi. Nel caso di specie le autorità locali non hanno neppure mai risposto alle richieste di motivazioni circa il diniego della trasformazione del visto turistico in visto di residenza. Va peraltro rilevato che anche in altri Paesi, non solo africani, una simile modifica presenta criticità spesso insormontabili.
Le organizzazioni non governative operanti in Ruanda, informate della situazione, hanno cercato di ottenere i visti facendo figurare le attività di volontariato come «attività missionarie» riferite al sostegno delle locali autorità ecclesiastiche, senza peraltro riuscire a sbloccare la circostanza.
A due volontari le autorità ruandesi hanno temporaneamente ritirato il passaporto e l'unità di crisi è dovuta intervenire presso la Caritas per convincere i due interessati a lasciare il paese come richiesto dalle autorità locali. Il nostro ambasciatore a Kampala ha quindi continuato a sensibilizzare gli interlocutori italiani dei rischi della permanenza in Ruanda di volontari non graditi. Da ultimo in data 8 aprile ha incontrato a Kigali i giovani italiani ivi presenti a titolo di «attività missionarie» o di «volontariato», avvertendoli personalmente del rischio di permanere in loco ed in generale delle difficoltà incontrate sulla possibilità di modificare il visto turistico in visto residenziale.
Il Ruanda appare maldisposto verso gli stranieri che intendano operare in settori per i quali già esistono in loco le professionalità necessarie e sul fatto che questi si inoltrino in zone confinarie (come quella di Nyundo che si trova nel luogo più delicato di tutti: Gisenyi è la parte ruandese della congolese Goma, martoriata dai ribelli). Lasciare che i nostri volontari operino in zone ritenute «sensibili» li esporrà a rischi e alla sicura attenzione delle autorità di sicurezza ruandesi, che non gradiscono la presenza di stranieri in tali aree (soprattutto in fasi di tensione dovute alle note accuse reciproche di Repubblica del Congo e Ruanda di ingerenze nei rispettivi affari interni).
Il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, contattato al riguardo da questo dicastero, ha precisato che le norme in vigore prevedono che spetti agli enti che realizzano progetti di servizio civile all'estero l'obbligo di occuparsi del rilascio dei visti di ingresso nei Paesi ospitanti in cui sono impegnati i volontari. Molti di questi enti hanno comunque rappresentato difficoltà per il rilascio dei visti ai volontari del servizio civile per la fattispecie atipica della categoria non prevista da vari ordinamenti esteri. Il dipartimento ha cercato di risolvere caso per caso le varie difficoltà, tenuto conto che i progetti all'estero interessano Paesi diversi con una differente normativa in materia e scarsa propensione a stipulare accordi bilaterali per la concessione dei visti ai volontari del servizio civile italiano.
Con riferimento al caso di specie, al fine di evitare il ripetersi di circostanze analoghe, il dipartimento ha indicato come possibile soluzione l'inserimento nei prossimi bandi di selezione di volontari in Ruanda una disposizione che preveda l'avvio dei progetti solo successivamente alla dimostrazione dell'effettivo rilascio del visto da parte del Paese ospitante per tutto il periodo di permanenza, e quindi in precedenza alla sottoscrizione del contratto tra dipartimento ed il volontario, presupposto per l'espletamento del servizio civile.
Va ribadito in ogni caso che un'equiparazione dei volontari in servizio civile ai cooperanti (categoria peraltro non più prevista dalla legge di riforma della cooperazione allo sviluppo entrata in vigore dal 19 agosto scorso) non potrà mai dare indicazioni vincolanti per i Paesi stranieri. Ogni Paese è e resta libero di ammettere o non ammettere degli stranieri sul proprio territorio.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Lapo Pistelli.