• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/00418 FATTORI, VACCIANO, SIMEONI, TAVERNA, NUGNES, MORONESE, CRIMI, BOTTICI, SCIBONA, LUCIDI, PAGLINI, COTTI, BATTISTA, DE PIETRO, CATALFO, PUGLIA, ROMANI Maurizio, CAMPANELLA, BIGNAMI,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-00418 presentata da ELENA FATTORI
lunedì 24 giugno 2013, seduta n.048

FATTORI, VACCIANO, SIMEONI, TAVERNA, NUGNES, MORONESE, CRIMI, BOTTICI, SCIBONA, LUCIDI, PAGLINI, COTTI, BATTISTA, DE PIETRO, CATALFO, PUGLIA, ROMANI Maurizio, CAMPANELLA, BIGNAMI, MONTEVECCHI, PETROCELLI, CAPPELLETTI, CASTALDI, GIARRUSSO - Al Ministro della salute - Premesso che:

l'art. 32 della Costituzione recita: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti";

nella strategia Europa 2020 è prevista l'abolizione dell'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili da realizzarsi entro il 2020;

nella risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 viene espressamente indicato come il settimo programma di azione ambientale preveda, agli articoli 31, 32 e 33 specificamente, l'obiettivo di alimentare il mercato dei materiali riciclati, di eliminare lo sversamento in discarica ed eliminare la combustione da incenerimento dei rifiuti attraverso un divieto;

il Commissario per l'energia dell'Unione europea ha dichiarato: «La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell'articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile»;

l'Italia è chiamata a recepire la direttiva 2010/75/UE che integra la direttiva 2008/1/CE la cui corrispondente disciplina nazionale è contenuta nel Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) e altre sei direttive sulle emissioni industriali, il cui campo di applicazione riguarda gli impianti industriali ad elevato potenziale inquinante compresi gli inceneritori;

la menzionata direttiva, all'art. 11 prevede il rispetto di alcuni principi tra i quali: non causare nessun fenomeno di inquinamento significativo; recuperare, riciclare o smaltire i rifiuti nella maniera meno inquinante possibile. All'art. 4 prevede un'autorizzazione che deve tener conto delle misure per il rispetto degli obblighi fondamentali di cui sopra. In particolare queste misure secondo l'art. 14 devono contenere disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee. L'art. 23 inoltre prevede ispezioni periodiche affinché tali principi vengano rispettati attraverso la programmazione di un piano di ispezione ambientale;

la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti della XVI Legislatura ha rilevato che: "Secondo il presente scenario, la termovalorizzazione, piuttosto che garantire la piena autonomia dei consorzi di comuni nella gestione dei rifiuti secondo il criterio degli ATO, può caratterizzarsi come un vero e proprio business che attrae rifiuti (Combustibile Da Rifiuti - CDR) dall'esterno piuttosto che trattare i rifiuti del proprio ambito che, gioco forza, data la sopracitata scarsezza e inefficienza degli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB), vanno a finire in discarica.";

considerato che, a quanto risulta agli interroganti:

è attualmente in costruzione una centrale di produzione di energia elettrica, alimentata da combustibile da rifiuti (CDR) autorizzata con decreto di pubblica utilità della Giunta della Regione Lazio n. 147 del 27 dicembre 2007, con relativa Autorizzazione integrale ambientale (AIA), emessa nell'agosto del 2009 (Determinazione B3694 del 13 agosto 2009), da realizzarsi nel territorio del comune di Albano Laziale, località Cecchina in provincia di Roma;

nella stessa area è già presente una discarica di rifiuti e pertanto la zona è già caratterizzata da degradanti condizioni di impatto ambientale e da conseguenti aspetti epidemiologici;

l'impianto in costruzione richiamato in premessa (l'inceneritore di Albano) diventerebbe il più grande d'Europa per questa tipologia di impianto, generando emissioni gassose e particolato, tra cui nanoparticelle cancerogene. Inoltre, per il suo funzionamento, la struttura prevede un consumo di 24.000 litri di acqua l'ora per 24 ore al giorno, creando ulteriori problemi in una zona già idrogeologicamente in crisi. Infatti, in molte parti del territorio si riscontrano aumentate concentrazioni nell'acqua potabile dei livelli di arsenico, fluoruri ed altri elementi che, in alcuni casi, superano i limiti previsti dalla legge, nonché problemi di approvvigionamento ed una falda che si abbassa vistosamente a causa dei consumi dovuti all'eccesso di antropizzazione, come testimoniato anche dal lago di Albano, oggi ai minimi storici;

il sito di destinazione dell'impianto, come da Piano paesaggistico territoriale regionale (PTPR), è al centro di numerosissimi vincoli archeologici e paesaggistici, oltre che in territorio ricco di produzioni Denominazione di origine controllata (D.O.C.) e Denominazione di origine protetta (D.O.P.), che verrebbero messe in gravissimo rischio;

in particolare, per quanto riguarda la situazione idrogeologica in prossimità della discarica citata nelle premesse, si evidenzia quanto segue: l'esposto presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) è stato accolto, essendo state addotte le seguenti motivazioni, sulla base di due relazioni tecniche del chimico dottor Aldo Garofalo (iscrizione all'Ordine dei Chimici, n. 1895), legate all'inquinamento del sottosuolo e al pericolo tangibile e reale per la salute pubblica di molte centinaia di migliaia di persone. In queste relazioni si legge che:

l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) del Lazio (rapporto di prova SRM 2010/15525/12790 dell'8 settembre 2010) accertava nelle acque sotterranee del pozzo spia D la presenza di cloroformio, idrocarburo cancerogeno (0.9g/L), eccedente sei volte il limite di legge di 0.15 g/L (decreto-legge n. 152 del 2006, parte IV, titolo V, Tab. 2, allegato 5);

nello stesso anno 2010 l'Ecocontrol Srl (rapporto di prova 34LAB/4 del 29 gennaio 2010), laboratorio accreditato, incaricato di effettuare analisi di controllo per conto della Pontina Ambiente SpA (gestore discarica di Roncigliano), rilevava nel medesimo pozzo una quantità eccessiva di ferro (504 g/L) (limite legale: 200 g/L) e confermava a distanza di un mese la presenza fuori limite di cloroformio (0.23 g/L) non solo nel pozzo spia D, ma anche in quelli A e B interni al perimetro della discarica (rapporto di prova 1659LAB/1-2-3 del 27 ottobre 2010);

l'emergere di criticità nelle acque sotterranee dei pozzi spia, riscontrate ripetutamente nel 2010, avrebbe trovato ulteriore conferma nel 2011;

il 6 settembre 2011 l'ARPA Lazio (prot. 0092747 del 18 novembre 2011) certificava la presenza eccessiva di inquinanti organici cancerogeni nei pozzi spia C e D: in particolare, nel pozzo C, tribromometano 1.7 g/L e dibromoclorometano 1.1 g/L, a fronte di limiti legali rispettivamente di 0.3 e 0.13 g/L; nel pozzo D benzene 3.0 g/L eccedente tre volte il limite di 1.0 g/L;

la presenza di benzene nel pozzo D è stata confermata anche dall'IRSA CNR laboratorio di ricerca pubblico, che a marzo 2012 ha rilevato 2.4 g/L (relazione protocollo 0001314 del 19 marzo 2013);

inoltre l'ARPA (prot. 0092747 del 18 novembre 2011) accertava la presenza eccessiva di elementi e composti inorganici: arsenico, fluoruri, manganese e ferro;

in merito alla Relazione dell'ARPA Lazio, prot. 0038972 del 16 maggio 2013, presentata alla Conferenza dei Servizi in relazione al superamento delle Concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di composti organici nei pozzi spia della discarica di Roncigliano di Albano Laziale, la relazione tecnica del chimico dottor Aldo Garofalo rilevava quanto segue:

l'ARPA ha opportunamente sottolineato nella parte introduttiva che nel corso del 2003 aveva già riscontrato superamenti della CSC del parametro ferro in due pozzi spia A e B, interni al perimetro della discarica, e che nel periodo 2003-2010 si era manifestato un aumento costante e lineare dell'arsenico in tutti i tre pozzi A, B, D, al tempo monitorati, fino al superamento della soglia di legge (10 g/L) a partire dal 2010;

in relazione ai parametri organici fuori limite, oggetto della diffida della Provincia di Roma alla Pontina Ambiente (Determinazione dirigenziale RU 193/2012), la relazione dell'ARPA ha preso in esame tutti i punti critici emersi nel corso degli ultimi anni analoghi alla Relazione del dottor Garofalo con un'unica e importante dimenticanza, che si suppone involontaria: quella relativa al cloroformio (0.23 g/L) presente non solo nei pozzi spia B e D, ma anche nel pozzo A (riscontrato nel 2010 dall'Ecocontrol e certificato con rapporto di prova 1659/lab1);

nella stessa relazione si riferisce del superamento del benzene nel pozzo D, accertato ripetutamente dal laboratorio incaricato dalla Pontina Ambiente (Ecocontrol Srl) a gennaio e febbraio 2012. Si era a conoscenza soltanto di quello rilevato dall'ARPA il 6 settembre 2011 (prot. 0092747 del 18 novembre 2011) e di quello del CNR a marzo 2012 (protocollo 0001314 del 19 marzo 2013);

emerge quindi una persistenza del superamento delle CSC nel corso di molti mesi, almeno da settembre 2011 a marzo 2012, riscontrato da ben tre laboratori diversi;

a gennaio 2012 il laboratorio di fiducia della Pontina Ambiente ha rilevato due volte il superamento della CSC dell'idrocarburo 1-2 dicloropropano (limite 0.15 g/L) nei pozzi B ed F1. Questi due superamenti sono importantissimi e ambedue riguardano pozzi rilevanti e interni al perimetro della discarica, uno interno in posizione centrale (B) e l'altro leggermente a valle, a margine del VII invaso (F1);

l'ARPA ha espresso un parere identico a quello del dottor Aldo Garofalo sull'inaffidabilità della spiegazione data dall'IRSA CNR per giustificare la presenza di benzene, liquidata come possibile evento accidentale. Inoltre, correttamente, l'ente associa la presenza di idrocarburi clorurati (cloroformio, bromoclorometano, tribromometano, 1-2 dicloropropano, tricloroetilene, eccetera) alla possibile contaminazione da parte della discarica, come abbondantemente dimostrato dalla letteratura internazionale in relazione a siti analoghi che ospitano rifiuti solidi urbani;

in modo ineccepibile l'Ente rileva la necessità conseguente di approfondimenti conoscitivi (caratterizzazione), tenuto conto del contesto generale del sito di Roncigliano, le cui acque sotterranee (pozzi A, B, C, D, E, F, G, H, I), ivi compreso un pozzo privato esterno, presentavano nell'ultimo biennio ripetuti superamenti di parametri organici e inorganici;

pertanto l'impatto ambientale conseguente alla messa in esercizio dell'impianto di incenerimento di Albano in concomitanza con i degradanti effetti già esistenti dovuti alla presenza della discarica avrebbe un effetto devastante sulla qualità dell'aria, del suolo e delle acque di falda, che interesserebbe una vasta area limitrofa, caratterizzata da elevata densità abitativa;

in particolare, le emissioni in aria di gas e particolato collegate alla messa in esercizio dell'inceneritore, stante la vicinanza del mare ed i tipici andamenti delle brezze da mare e da terra andrebbero sicuramente ad interessare i territori dei comuni di Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Nemi, Castel Gandolfo ma anche Torvajanica, Ardea, Pomezia, Aprilia ed altri ancora, comportando inevitabilmente una conseguente maggiore insorgenza di malattie collegate alla degradata qualità dell'aria;

l'area interessata dalla discarica e dall'inceneritore in costruzione è situata in zona sismica, soggetta ad emissioni di gas radon e già sopporta un consistente impatto ambientale dovuto alla presenza di strutture quali ad esempio: la discarica nazionale di amianto sita in località Valle Caia tra i comuni di Ardea e Pomezia; la centrale turbogas da 700 MW di Aprilia; l'inceneritore di Colleferro; la centrale nucleare di Borgo Sabotino (Latina), dismessa ed in corso di bonifica; il pianificato mega-depuratore di Ardea; le numerose centrali a biomasse/biogas attualmente previste;

il luogo dove sorgerà l'inceneritore è a brevissima distanza dal cantiere dove è attualmente in costruzione il nuovo Policlinico dei Castelli Romani;

quanto riportato nel 2007, in provincia di Venezia, dal Registro tumori dell'Istituto oncologico veneto è la più convincente dimostrazione esistente in letteratura di un aumento di rischio di cancro associato alla residenza vicino a inceneritori: esso evidenzia come il rischio aumenti di 3,3 volte fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione;

nel 2007, lo studio "Enhance Health Report", finanziato dalla Comunità europea e condotto per l'Italia nel comune di Forlì, dove operano due inceneritori, ha portato a evidenze significative rispetto al sesso femminile: in particolare si è registrato un aumento della mortalità tra il +17 per cento e il +54 per cento per tutti i tumori, proporzionale all'aumento dell'esposizione; e questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi - 358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le non esposte - osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell'area inquinata;

nel 2008 uno studio francese condotto dall'Institut de Veille Sanitarie ha rilevato un aumento di tumori di tutte le sedi nelle donne e, in entrambi i sessi, dei linfomi maligni, dei tumori del fegato e dei sarcomi dei tessuti molli. Il 4° Rapporto della Società britannica di medicina ecologica, anch'esso del 2008, nelle molte e documentate considerazioni, ricorda come nei pressi degli inceneritori si riscontrino tassi più elevati di difetti alla nascita e di tumori negli adulti e nei bambini;

il recente studio Epidemiologia rifiuti ambiente salute nel Lazio (ERAS), datato 31 luglio 2012, frutto di una valutazione dell'incidenza tumorale sui cittadini sulla base della distanza da inceneritori e discariche nella Regione Lazio ha dato le seguenti indicazioni:

le persone che presentano livelli elevati di concentrazione di H2S (idrogeno solforato) risiedono soprattutto in prossimità delle discariche di Albano Laziale, Latina, Guidonia, Roma e Colleferro;

l'eccesso di rischio di mortalità per tumore della vescica tra le donne residenti nella fascia 1-2 Km è (HR=4.79, IC95%, 1.03-22.34, eccesso basato su soli 3 casi) e tra quelle residenti tra 2 e 3 Km (HR=4.85, IC95%, 1.52-15.42): per questa patologia si osserva un chiaro aumento del rischio legato alla distanza;

l'eccesso di mortalità per tumore del colon retto tra gli uomini residenti nella fascia 1-2 km è (HR=1.72, IC95%, 1.06-2.79), ma tale aumento non è omogeneo tra gli impianti, ma sostenuto dagli abitanti in prossimità della discarica di Civitavecchia. L'analisi del trend per distanza evidenzia che avvicinandosi alla discarica vi è un aumento di rischio di mortalità per malattie dall'apparato urinario (HR=1.25, IC95%, 1.02-1.54);

l'analisi per cause tumorali mostra una mortalità di poco superiore all'atteso (+3 per cento), con aumenti piu marcati, rispetto al riferimento, per tumore della pleura (SMR=1.93) e mieloma multiplo (SMR=1.39), per gli uomini. Si parla in questo caso di alte presenze di H2S, mentre relativamente all'esposizione ai PM10 (Particulate Matter o Materia particolata) si osserva un eccesso di mortalità per tumore del colon retto tra gli uomini residenti nella fascia 1-2 km (HR=1.72, IC95%, 1.06-2.79), ma tale aumento non è omogeneo tra gli impianti, ma sostenuto dagli abitanti in prossimità della discarica di Civitavecchia. Infine, l'analisi del trend per distanza evidenzia che avvicinandosi alla discarica vi è un aumento di rischio di mortalità per malattie dall'apparato urinario (HR=1.25, IC95%, 1.02-1.54);

nelle donne si osserva un eccesso di rischio di mortalità per tumore della vescica tra le donne residenti nella fascia 1-2 Km (HR=4.79, IC95%, 1.03-22.34) e tra quelle residenti tra 2 e 3 Km (HR=4.85, IC95%, 1.52-15.42); per questa patologia si osserva un chiaro aumento del rischio legato alla distanza. Si segnala, inoltre, tra le donne della coorte un eccesso di ricoveri per disturbi della ghiandola tiroidea (SHR=1.14, IC95%, 1.05-1.23);

l'aumento della morbosità per malattie respiratorie ed asma osservato sia negli adulti sia nei bambini è coerente con le indicazioni della letteratura scientifica e può avere un nesso di causalità con le esposizioni ambientali; per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri sono stati osservati aumenti per malattie cardiovascolari e respiratorie;

l'eccesso di ospedalizzazioni per malattie dell'apparato respiratorio è coerente considerando sia come esposizione la distanza che il livello di concentrazione di H2S;

nella provincia di Roma, questi eccessi, tuttavia non si sono osservati in modo omogeneo tra i residenti di tutte le aree, essendo più colpiti i residenti di Civitavecchia, di Albano Laziale e di Guidonia Montecelio;

la prima area è una delle più critiche dal punto di vista ambientale nella regione per la presenza delle centrali termoelettriche, del porto e del cementificio;

Albano e Guidonia hanno diverse criticità legate soprattutto all'inquinamento originato dal traffico stradale e alla presenza di industrie a potenziale impatto ambientale;

l'analisi dei ricoveri dei bambini mostra un eccesso di ospedalizzazione generale (+13 per cento), soprattutto per malattie dell'apparato respiratorio (+16 per cento), se si confrontano i bambini residenti nelle immediate vicinanze dalle discariche (0-1 Km) con quelli delle fasce più distanti (3-5);

gli eccessi osservati si riscontrano principalmente tra i bambini residenti a Civitavecchia, Albano Laziale e Guidonia;

coloro che vivono in prossimità degli impianti presentano (sia tra gli uomini che tra le donne) un quadro di mortalità generale relativamente simile a quello della popolazione di riferimento. Fanno tuttavia eccezione le patologie dell'apparato cardiovascolare (donne) e dell'apparato respiratorio (uomini) che sono aumentate tra i residenti;

nell'area più prossima agli impianti, per le patologie tumorali, si osserva tra le donne un eccesso di tumore della laringe e della mammella; i residenti (uomini e donne) più prossimi agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere (+8 per cento), in particolare per malattie circolatorie, urinarie e dell'apparato digerente; tra gli uomini si è osservato un aumento dei ricoveri per patologie della tiroide;

per quanto riguarda i risultati relativi alle concentrazioni dei singoli inquinanti, si è riscontrata nei gruppi più esposti ad H2S (discarica) e SOx (raffineria) una maggiore frequenza di tumori della laringe e della vescica (mortalità e ricoveri) nelle donne residenti. Limitatamente ai ricoveri, si è osservata un'associazione tra H2S e malattie dell'apparato circolatorio (donne);

l'esposizione a particolato, e specificamente a PM10 (inceneritore), è risultata associata prevalentemente a patologie dell'apparato respiratorio e a tumore del pancreas (uomini) ed a tumore della laringe, del fegato e della mammella (donne);

pertanto, a giudizio degli interroganti, la messa in esercizio dell'inceneritore, e le emissioni di gas e particolato, tra cui anche nano polveri, andrà inevitabilmente a peggiorare una statistica sanitaria in una zona che già si contraddistingue per maggiori insorgenze di malattie collegate alla degradata qualità dell'aria;

gli effetti epidemiologici collegati alla qualità dell'acqua potabile, alla sempre maggiore concentrazione di arsenico e di altri composti nocivi, così come l'analisi delle falde e l'impatto di nuovi impianti che assorbono e consumano grandi quantità di acqua sono da analizzare nello specifico, ma è presumibile presagire una situazione ancor più degradante;

l'Italia è attualmente sottoposta a 108 procedure di infrazione, di cui 27 proprio per questioni relative all'ambiente e prevalentemente per la violazione del diritto comunitario in materia di gestione del ciclo dei rifiuti e di emissioni nell'aria, per le quali esiste sentenza di condanna per superamento dei limiti di PM10 per gli anni 2006 e 2007;

l'Italia è sottoposta ad una procedura di infrazione dal 2011 per la gestione del trattamento dei rifiuti che ha prodotto come conseguenza una dichiarazione del commissario europeo Janez Potocnik secondo il quale «le autorità italiane hanno dato un'interpretazione restrittiva del concetto di "sufficiente trattamento dei rifiuti" riempiendo la discarica di Malagrotta a Roma e altre nel Lazio con rifiuti che non hanno subito il trattamento prescritto». Per questo motivo vi sarebbe stato un deferimento alla Corte di giustizia europea da parte della Commissione UE;

la Corte europea di giustizia ha emesso, in data 4 marzo 2010, una sentenza di condanna dell'Italia per la violazione della direttiva UE sui rifiuti (2008/98/CE), in quanto non sono state adottate " tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti" e "le autorità competenti hanno messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all'ambiente";

la strategia Europa 2020 (strategia decennale per la crescita sviluppata dall'Unione europea), prevede l'abolizione degli impianti di incenerimento e cinque anni per la costruzione degli impianti, rendendo in questo modo l'impianto assolutamente incompatibile con ogni indicazione proveniente dall'Europa oltre che per la pericolosità avverso la salute umana;

all'epoca in cui venne effettuata la Valutazione dell'impatto ambientale (VIA) per la costruzione dell'inceneritore (prima negativa, espressa dalla Regione in via cautelativa, come si evince anche dalle motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato 1640/2012, poi divenuta positiva con riserva) non si teneva conto delle nanoparticelle PM2,5, per le quali ad oggi non risultano esistere filtri e che sono altresì le particelle realmente dannose per organismi viventi, esseri umani compresi, in quanto la loro microstruttura ha la capacità di penetrare nell'organismo, laddove il PM10 viene invece riconosciuto;

il Parlamento sta attualmente esaminando l'AS 587 "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2013" e l'AS 588 "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013", che riguardano anche il recepimento di altre direttive CE, tra cui anche la 2010/75/UE che disciplina le emissioni in aria degli impianti industriali e degli inceneritori, prevedendo in sé il concetto di nanoparticelle non evidenziato nei documenti di autorizzazione dell'inceneritore di Albano, per il quale addirittura si lamentava l'assenza dell'individuazione normativa per le PM al di sotto del micron;

si sottolinea infine l'ingente costo a carico dello Stato, e quindi del contribuente italiano, dovuto alle violazioni delle direttive CE, che ammonta a 40 milioni di euro l'anno;

la costruzione dell'inceneritore di cui sopra è stata oggetto di numerosi ricorsi e sentenze della Giustizia amministrativa;

con sentenza del 27 ottobre 2010, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio accoglieva il ricorso n. 102 del 2009, presentato dalle associazioni componenti il coordinamento cosiddetto "No Inc", sostenuto ad adiuvandum da WWF Italia ONG Onlus e dai Comuni di Castel Gandolfo, Lanuvio, Ariccia, Ardea, Albano Laziale, Genzano di Roma, Rocca di Papa, Pomezia, in persona dei rispettivi Sindaci, con conseguente annullamento della VIA e dell'AIA;

nella sentenza si legge come siano state accolte le motivazioni relative sia all'infrazione di norme comunitarie che nazionali ordinarie, nonché costituzionali;

nella motivazione della Sentenza del Consiglio di Stato 1640/2012, tra l'altro, viene evidenziato quanto segue: il Tar, al contrario (pagine 42 - 47, in particolare §§ 4.2.1. - 4.3.2.), ha esaminato funditus le doglianze avverso l'AIA e le ha disattese puntualmente, statuendo inoltre che «l'annullamento della VIA positiva - acquisita come tale dalla Conferenza di Servizi - non può che comportare, in via derivata, anche l'illegittimità del provvedimento di AIA del quale costituisce, come già evidenziato, atto presupposto»; il Tar avrebbe altresì rilevato la violazione e falsa applicazione del principio di precauzione di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e Trattato Comunità Europea (Art. 174 comma II);

nel Lazio, e in particolare nella provincia di Roma, a parere degli interroganti, vige una sostanziale situazione di monopolio di mercato legato all'avvocato Manlio Cerroni per la gestione di discariche e inceneritori;

l'impianto di termovalorizzazione del combustibile derivato da rifiuti citato, per quanto risulta agli interroganti, sarebbe gemello di quello di Malagrotta, gestito dalla Giovi di Cerroni, e dovrebbe essere costruito dal Consorzio Ecologico Massimetta (CoEMa), un consorzio che, oltre a quella di Manlio Cerroni, vedrà la partecipazione di Azienda municipale ambiente (Ama) e Azienda comunale energia ed ambiente (Acea), partecipazione per la quale il Sindaco uscente di Roma ha dichiarato alla stampa, in merito al riassetto del consorzio CoEMa: "In relazione all'impianto di Albano, in realizzazione con un consorzio Ama-Acea-Colari, ci sono delle difficoltà economiche date proprio dalla natura del consorzio";

il sodalizio tra Ama e la società di Cerroni avrebbe anche altre origini, considerato che l'amministratore dell'Ama, Salvatore Cappello, sarebbe stato in procinto di siglare proprio con il Co.La.Ri di Cerroni un contratto che avrebbe vincolato l'azienda a pagare 500 milioni di euro in dieci anni per il trattamento meccanico biologico (tmb);

la discarica sulla quale si prevede la costruzione dell'inceneritore di Albano è di proprietà della Pontina Ambiente Srl, che fa capo sempre a Manlio Cerroni;

il Gestore Servizi Energetici (Gse) avrebbe opposto un rifiuto a ben quattro istanze legittime di accesso agli atti relativi all'accordo preliminare tra la stessa Gse e il CoEMa, depositate, secondo quanto risulta agli interroganti, la prima dal comitato No Inc (Coordinamento contro l'inceneritore di Albano) attraverso le associazioni che lo compongono, la seconda dal consigliere regionale Ivano Peduzzi, una terza dal Comune di Albano Laziale e la quarta da tutti i sindaci di bacino;

nella disposizione della legge finanziaria per il 2009 in materia di Cip6 venivano garantiti incentivi agli impianti già autorizzati, non solo a quelli già realizzati, assicurando di fatto i benefici anche a quelli non ancora in funzione;

dalla Relazione della commissione bicamerale di inchiesta sulla gestione dei rifiuti (XVI Legislatura) si legge in alcuni tratti salienti: "La gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio vede la presenza indiscussa della criminalità organizzata per quanto concerne il ciclo dei rifiuti, nel 2009 sono state accertate nella regione Lazio 288 infrazioni, vi sono state 319 persone denunciate, 23 arresti e 180 sequestri. La maggior parte delle infrazioni, in realtà, si compiono all'interno del territorio della provincia di Roma, che addirittura si posiziona quarta complessivamente a livello nazionale tra tutte le province per numero di infrazioni";

nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1640 del 22 marzo 2012, che ha confermato l'annullamento dell'ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. 3 del 22 ottobre 2008, si legge: «La regione, dopo aver valutato gli elaborati di progetto, lo studio di impatto ambientale (in prosieguo SIA), le osservazioni presentate da associazioni ambientaliste, comitati, cittadini e due consiglieri comunali di Albano Laziale, ha reso parere negativo (cfr. determinazione Dipartimento territorio della regione Lazio - Direzione regionale ambiente e cooperazione tra i popoli - prot. n. D2/2S/04/52744 del 25 marzo 2008), per le seguenti ragioni:

a) impatto negativo sull'equilibrio idrogeologico, in una zona ricadente in ambito critico, a causa dell'apertura di un nuovo pozzo e della pavimentazione di una vasta area, con conseguente aggravio dello sfruttamento della risorsa idrica e alterazione del regime di ricarica della falda;

b) inattendibilità dei dati (risalenti ad un monitoraggio del 1999) relativi all'aumento degli agenti inquinanti dell'aria ed alla diffusione di sostanze chimiche ed odorigene; non conformità del monitoraggio previsto con le prescrizioni stabilite dalla delibera di giunta regionale n. 222 del 2005;

c) possibile compromissione dei raccolti di uva a causa delle emissioni dell'impianto;

d) contrasto dell'impianto con la destinazione urbanistica e paesaggistica dell'area di sedime (zona

agricola di rilevante pregio ambientale e paesaggistico);

e) omessa descrizione degli effetti derivanti dalle opere necessarie per la interconnessione con la rete elettrica;

f) omessa valutazione degli effetti dell'opera sul traffico veicolare in considerazione del valore stimato di movimentazione di 600 tonnellate di CDR al giorno (in entrata e uscita dall'impianto)»;

la discarica di Borgo Montello (Latina) è all'attenzione della Magistratura per casi di sotterramento illecito di materiali ferrosi e per la scomparsa di alcuni fusti sospetti. A gestire la discarica sarebbe la società pubblica Ecoambiente, il cui amministratore delegato è il factotum di Manlio Cerroni, Bruno Landi, attuale presidente di Federlazio ed ex Presidente della Regione Lazio;

dalla Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti della XVI Legislatura si apprende che "Successivamente, la società Ecoambiente Srl ebbe l'autorizzazione a effettuare i lavori di bonifica di questi tre siti. Tramite tali lavori si doveva creare una specie di polder intorno agli invasi, perché evidentemente non erano protetti. L'operazione è stata finanziata e autorizzata dalla regione Lazio. Nel contempo è stata autorizzata anche l'operazione di abbancamento ulteriore. Vale a dire che, anziché aprire altri invasi, sono stati innalzati i siti esistenti. Nel corso di un controllo, la polizia provinciale avrebbe rinvenuto dei fusti nel sito S3, e non nel famoso sito S0 di cui si parlava in precedenza. (...) Questo è quanto ci è stato riferito dal colonnello della polizia provinciale (...). Egli avrebbe dunque effettuato il rinvenimento all'interno di uno dei siti che erano esauriti e che successivamente sono stati utilizzati per l'ulteriore abbancamento e quindi l'ulteriore conferimento dei rifiuti urbani";

dall'indagine di Emiliano Fittipaldi de "L'Espresso" nell'inchiesta "Monnezza criminale" si evince che: «l'imprenditore, l'ex presidente Landi e i due dirigenti della Regione Fegatelli e Giovannetti risultano indagati per associazione a delinquere: avrebbero infatti armonizzato "le scelte politiche ed amministrative della Regione Lazio alle esigenze di profitto dell'azienda del Cerroni". I due dirigenti, secondo l'accusa, si muovevano sotto traccia per fare piaceri e servigi di ogni tipo: operavano per evitare la chiusura dell'impianto, rimuovevano "i funzionari non allineati", agevolavano "l'accoglimento delle tariffe proposte dal Cerroni". E lo riparavano affinché i Comuni parlassero solo e soltanto con l'avvocato estromettendo di fatto le imprese concorrenti, omettendo di attivare le procedure di controllo di competenza della Regione». Le imputazioni a carico sarebbero: «associazione a delinquere, estorsione, truffa, traffico illecito di rifiuti: sono queste le ipotesi di reato di un'inchiesta segreta che sta facendo tremare mezza Roma e che potrebbe distruggere l'impero di Manlio Cerroni, l'anziano avvocato che controlla la discarica di Malagrotta e che gestisce, di fatto, la fetta più grande del "business della monnezza" della Capitale». Il pubblico ministero Galanti nel processo sui dati (secondo l'accusa falsificati) relativi proprio agli impianti del Co.La.Ri. di Malagrotta avrebbe dichiarato che Cerroni avrebbe fornito dati non veritieri sul gassificatore che ha allestito nell'area di Malagrotta, a ridosso della strada e del rio Galeria (uno dei più inquinati d'Italia);

l'assessore regionale alle politiche del territorio, della mobilità e dei rifiuti Michele Civita ha recentemente affermato che l'impianto di Albano è simile all'impianto di Malagrotta. Quest'ultimo, nonostante sia stato realizzato nel 2008, non è ancora entrato in funzione e c'è chi sostiene che ci siano delle difficoltà tecniche e chi invece ritiene che non funzioni perché l'Ama non ha mai fatto il contratto di servizio, quindi non ha dato le garanzie sulla quantità di rifiuti per poi attivare le altre linee ed implementare l'attuale impianto;

l'impianto comporterebbe un costo di circa 400 milioni di euro di contributi pubblici (CIP6), oltre l'ulteriore contributo derivante dalla convenzione con GSE e relativi conguagli e bonus per la produzione di energia elettrica;

l'accesso ai contributi, ai sensi della legge n. 244 del 2007, prevede un inizio di cantiere (cosiddetta cantierizzazione) che, stando ad alcuni verbali della polizia locale, datati aprile 2009 e ottobre 2010, i lavori posti in essere consistevano nella sola delimitazione con paletti in ferro e rete metallica dell'area destinata alla costruzione della centrale. Per questo la DIA (Dichiarazione inizio attività) depositata il 29 dicembre 2008 (la scadenza per l'accesso ai Cip6 era fissata per il 31 dicembre 2008) sembrerebbe non essere configurabile;

la legge n. 244 del 2007 che sembrava chiudere il regime illegittimo di incentivi (CIP 6) ma le ordinanze governative n. 3656 del 6 febbraio 2008 e n. 3657 del 20 febbraio 2008 hanno derogato per gli impianti costruiti nell'ambito dell'emergenza rifiuti in Campania, ripristinando il sistema di agevolazioni CIP 6/1992, che è stato giudicato illegittimo dalla Commissione con l'apertura delle procedure di infrazione 2004/5061 e 2004/4336;

in particolare, l'articolo 9 della legge n. 210 del 2008 ha modificato la legge n. 244 del 2007, ponendo un'ulteriore deroga per l'incentivo alla produzione di energia derivante dall'incenerimento della frazione organica e inorganica dei rifiuti per gli impianti costruiti o autorizzati entro la fine del 2009 nell'ambito dell'emergenza rifiuti e ha prorogato gli incentivi per tutti gli impianti costruiti o autorizzati entro la fine del 2008 per tutti gli altri inceneritori che bruciano indistintamente la frazione organica e quella non organica, anche se l'incentivo è concesso con esclusivo riferimento alla parte organica;

a giudizio degli interroganti l'Italia ha una produzione che eccede di due volte il fabbisogno di energia elettrica e vige un sistema di rete del gestore nazionale altamente inefficiente con elevatissimi picchi di dispersione. Motivi per i quali, a giudizio degli interroganti, sarebbe auspicabile un miglioramento delle reti anziché nuovi inutili impianti di produzione;

l'impianto in questione prevede l'incenerimento di 160.000 tonnellate annue, fabbisogno difficilmente raggiungibile, considerato che i vicini impianti di Colleferro e Malagrotta non funzionano a pieno regime e che l'alternativa all'incenerimento dei rifiuti è il riuso e il riciclo proveniente dalla raccolta differenziata che tutti i Comuni di bacino si stanno apprestando a fare o che hanno già implementato, rendendo inutile anche sotto il punto di vista produttivo un possibile scempio ambientale;

si sottolinea a tal riguardo che le valutazioni di impatto ambientale e le autorizzazioni relative alla costruzione dell'inceneritore, che risalgono agli anni 2008-2009, non sono state verificate a fronte dei requisiti relativi alle emissioni di gas e particolato riportate nella direttiva 2010/75/UE dell'anno 2010, che la legislazione italiana deve tuttora recepire;

pertanto l'inceneritore, che è attualmente in costruzione, stante anche i ritardi intercorsi, è stato valutato in termini ambientali ed autorizzato in tempi (2007-2009) in cui vigevano requisiti meno stringenti;

considerato inoltre che:

i sindaci di bacino e i cittadini partecipando a numerosi presidi e cortei hanno manifestato la loro contrarietà alla realizzazione dell'impianto;

i dati riportati nei citati studi epidemiologici sugli elementi cancerogeni presenti all'interno della discarica di Roncigliano denotano una gestione carente di regolare manutenzione, con la possibilità di favorire il versamento del percolato in falda; inoltre, per questa discarica è stata nel 2010, quasi contestualmente a quella dell'inceneritore, concessa l'AIA per la costruzione di un VII invaso, che non risulterebbe a norma per la distanza minima dalla prima abitazione come prescritto dalla legge regionale (Delibera del Consiglio Regionale n. 112 del 10 luglio 2002), che prevede per le discariche una distanza minima dalle case sparse di 700 metri e 1500 metri dai centri abitati. Infatti le prime case risultano a 200 metri circa;

tale invaso è pronto per il recepimento di 500.000 tonnellate di rifiuti per i prossimi 8/10 anni, in una zona in cui il rispetto della dignità umana richiederebbe che i cittadini non respirino aria malsana e maleodorante;

si sottolinea, in particolare, la necessità di prevenire ed evitare la creazione e il degrado di aree del territorio nazionale in cui le condizioni ambientali sono tali determinare una elevata insorgenza di tumori o altre patologie (si rifletta a tale scopo a quanto succede nella zona di Taranto con ILVA o del Sulcis e Sarroch in Sardegna). Tutto ciò comporta l'esigenza di intervenire prima che il deterioramento ambientale raggiunga livelli peggiori, al fine di limitare il costo in termini di vite e non solo, che non può che crescere con il tempo;

il 19 giugno 2013 si è verificato un nuovo incidente che ha destato panico nella popolazione. È andato in fiamme il capannone di Acea (socio nel CoEMa) a Paliano-Anagni, a pochi chilometri da Colleferro e Albano. In un'agenzia ANSA si legge:"Le fiamme sono divampate intorno alle 5 nella struttura dove sono stoccati rifiuti e materiali di plastica. Il rogo ha causato una densa nube di fumo che ha creato timori tra gli abitanti della zona. A loro i pompieri hanno raccomandato di non aprire le finestre per evitare che il fumo entri nelle abitazioni",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa, in particolare della maggiore insorgenza di patologie nella zona di Albano Laziale e nei comuni limitrofi;

quali iniziative intenda assumere con urgenza al fine di controllare, verificare e intervenire in difesa della salute e delle condizioni di vita degli abitanti della suddetta zona;

quali iniziative di competenza, anche mediante il coinvolgimento delle varie amministrazioni competenti, intenda assumere perché siano effettuati ulteriori controlli in merito all'insorgenza di patologie collegate alla presenza della discarica di Albano Laziale;

quali misure siano state messe in atto e quali intenda attivare per controllare, registrare e ridurre l'insorgenza di patologie collegate alla degradata qualità dell'aria e dell'acqua nella zona di Albano Laziale e nelle zone limitrofe e per prevenire l'ulteriore maggiore insorgenza di patologie collegate alla qualità dell'aria associate alla messa in esercizio dell'inceneritore di Albano;

se ritenga opportuna la costruzione dell'inceneritore di Albano in stretta prossimità con il costruendo nuovo Policlinico dei Castelli Romani e quali misure intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per prevenire l'esposizione del costruendo Policlinico agli impatti nocivi collegati alla presenza del vicino inceneritore.

(4-00418)