• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00559 premesso che: l'Italia si appresta a celebrare il Settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione; l'azione e gli interventi che saranno promossi per...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00559presentato daGHIZZONI Manuelatesto diGiovedì 8 gennaio 2015, seduta n. 358

La VII Commissione,
premesso che:
l'Italia si appresta a celebrare il Settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione;
l'azione e gli interventi che saranno promossi per affrontare questo appuntamento – ricco di significato per la storia recente della Nazione – dovrebbero svolgersi secondo il sapiente intreccio di storia e memoria che, secondo gli indirizzi storiografici più attuali e avvertiti, non possono essere considerati come sinonimi. Fare storia, in senso attivo, significa infatti sottoporre a continua ricerca le conoscenze, saper adottare prospettive nuove, riuscire ad illuminare gli angoli lasciati in ombra, mentre l'azione di memoria rende partecipi di un processo che è di conoscenza, ma anche di presa in carico e di responsabilità. È, peraltro, dalla combinazione di passione civile e di rigore intellettuale – cioè di storia e memoria – che può costruirsi un orizzonte comune in cui la conoscenza del passato costituisce fonte di un progetto futuro;
la ricorrenza del Settantesimo della Liberazione dovrebbe diventare propulsore di ricerche che si muovano verso un orizzonte nazionale, in grado di valorizzare quanto già svolto a livello locale, per non disperdere il patrimonio di informazioni e studi che in questi anni, data la peculiarità della nostra storia, si è accumulato su temi e fenomeni specifici. Dovrebbe quindi diventare una occasione per portare a sintesi, con una prospettiva nazionale, gli sforzi che a carattere locale sono già stati compiuti;
è necessario attribuire un significato storico alla ricorrenza, perché diventi occasione di rivisitare criticamente i grandi fenomeni storici – sottraendoli alle dispute del dibattito politico – quali, ad esempio, il rapporto tra Resistenza/Resistenze e gli spostamenti forzati di popolazioni con l'esito drammatico delle deportazioni nelle sue molteplici forme;
le ricerche, la divulgazione e gli interventi didattici messi in campo nel Settantesimo dovranno riuscire a rappresentare il significato profondo dell'antifascismo e dell'esperienza resistenziale, per trasferire la ricchezza progettuale di quel portato nel nostro presente dando nuovo slancio alla ricerca e all'agire civico;
le celebrazioni dovrebbero costituire non il fine ma il mezzo per, cioè farsi punto di partenza per dare impulso alla ricerca rigorosa, non agiografica o retorica, di quanto è accaduto, sia per aprire nuove piste di lavoro, sia per rileggere le vicende con occhi diversi. La distanza che separa da quegli avvenimenti permette di poterli osservare in modo laico, ma non per questo meno partecipe. Due ambiti sembrano, in questa prospettiva, emergenti:
il tema delle stragi nazifasciste, affrontato più come indagine di storia legate ad un territorio piuttosto che in modo sistematico e complessivo, è invece necessario per comprendere la strategia di cui le singole stragi attuate nel corso del conflitto sono parte. Il tema delle stragi, inoltre, richiama una riflessione sulla violenza, in particolare la violenza ai civili che è stata la cifra della brutalizzazione della guerra nel XX secolo. In questi ultimi anni le stragi nazifasciste, quando possibile, sono state riaperte nelle aule dei tribunali: per molte di esse però questo percorso non è più praticabile e i fascicoli ritrovati nel cosiddetto «Armadio della vergogna» rischiano di essere richiusi di nuovo. L'indagine storica, che non vuole formulare giudizi, può raggiungere una «verità aperta» e fornire la comprensione complessiva del fenomeno: a tal fine occorrerebbe affrontare sia una indagine quantitativa, mappando geograficamente sul territorio il fenomeno, sia qualitativa ricostruendo, là dove possibile, i profili umani e intellettuali delle vittime nonché le ripercussioni sulle comunità. Le storie di vita, quando sono una scelta metodologica praticabile, permettono di rompere la rigidità delle interpretazioni e di dare corpo ad una storia che rischia di apparire lontana e astratta;
portare alla luce agenti storici dell'antifascismo e delle «resistenze», lasciati ai margini della ricostruzione dei grandi eventi, quali – ad esempio — i civili, le donne, i deportati razziali e politici, gli IMI (internati militari italiani): i molteplici modi e le forme di opposizione al regime fasciata e all'occupazione nazista espresse dalle azioni di questi soggetti, ma anche le loro vicende di deportazione, godono ancora oggi di studi limitati e parziali. La biografia, la definizione del percorso di vita, raccolta con l'obiettivo di costruire di una banca dati aperta a sempre nuove acquisizioni, può costituire lo strumento di analisi su cui poi innescare un lavoro di ricostruzione storiografica. Analoga luce va portata sulle scelte e sulle vicende personali e collettive di coloro i quali sostennero il regime fascista e collaborarono con gli occupanti, al fine di restituire un quadro interpretativo non ideologico e complessivo;
la fisicità dei luoghi che sono stati teatro di fatti cruenti legati all'antifascismo, alla deportazione razziale e politica, al movimento resistenziale e alla Guerra di Liberazione mantiene, nel tempo, una capacità evocativa che è in grado di rende visibile ciò che non lo è, cioè la storia, e al contempo di preservarla tenacemente contro l'oblio. Sono elementi simbolici della comunità, inseriti in un territorio specifico, che finiscono per caratterizzare in maniera forte con la loro presenza. Nei luoghi ci si riconosce, il passato e il presente si saldano. Per questo la loro importanza va oltre la conoscenza dei fatti cui rimandano, perché la loro funzione non è solo storica ma identitaria. Molti luoghi di «memoria» restano inscritti esclusivamente in un contesto locale, alcuni lo travalicano e appartengono alla storia del nostro Paese per la funzione che ebbero nel corso della Seconda Guerra, per quello che rappresentarono successivamente. È chiaro che il luogo di memoria nasce dal lavorio del tempo, ma soprattutto dalla volontà degli uomini e delle donne che, prendendosi cura delle pietre, intendono custodire la memoria delle storie che esse racchiudono. Oggi è urgente definire un lessico della memoria, a partire dalla individuazione dei luoghi legati al secondo conflitto: per essi andrebbe dedicato uno strumento di conoscenza di base, quale la schedatura con parametri uniformi per tutto il territorio, garantendo quindi la possibilità di riconoscere tali luoghi e renderli rintracciabili; al contempo si dovrà ricostruire, per quanto possibile, una mappa di ciò che non c’è più. L'obiettivo è di salvare ciò che resta e conoscere ciò che si è perso. Sui luoghi, che permettono l'incontro fruttuoso tra la ricerca, la divulgazione e il lavoro pedagogico, bisogna investire perché sono una risorsa per la storia e un monito per la memoria;
la lotta di Liberazione fu un movimento collettivo, somma di tante scelte individuali di donne e uomini comuni che si impegnarono per affermare i principi di libertà ed indipendenza a fronte di sofferenze e, spesso, fino al sacrificio personale. I protagonisti di quelle esperienze fondative della Repubblica meritano il riconoscimento, non solo per il dovere della memoria, ma soprattutto per trasmettere alle nuove generazioni i valori e i principi della Carta Costituzionale;
resta ferma la rigorosa tutela della libertà di studio e ricerca,

impegna il Governo:

a promuovere gli studi e le ricerche sull'esperienza storica della opposizione al fascismo, della Resistenza e della Liberazione, a partire dalle memorie dei territori per giungere alle grandi vicende nazionali;
in particolare, a dare impulso agli studi e alle ricerche sul ruolo delle donne, dei civili, degli internati militari italiani nell'esperienza resistenziale, nonché di coloro i quali si schierarono con il regime, anche al fine di realizzare banche di dati – progressivamente implementabili su dati il più possibile uniformi – utili ad intrecciare le vicende personali alla storia generale;
a contribuire fattivamente alla realizzazione del catalogo digitalizzato delle stragi nazifasciste, che le collochi sul territorio nazionali e connetta le biografie di vittime e carnefici al contesto locale e al quadro storiografico generale;
a promuovere la realizzazione di un Centro nazionale di documentazione, informazione e comunicazione multimediale, particolarmente indirizzato alle giovani generazioni e volto a diffondere la conoscenza delle vicende storiche della Resistenza;
a sostenere concretamente la creazione della rete dei luoghi della memoria al fine di agevolarne la salvaguardia, la conoscenza e la valorizzazione, avvalendosi sia del Centro nazionale di documentazione, informazione e comunicazione multimediale sia della esecuzione di uno specifico programma di identità visiva;
a conferire un attestato ai partigiani, ai combattenti, ai patrioti e ai reduci, ai militari che hanno contribuito alla lotta di Liberazione, mediante un elenco da definirsi in collaborazione con le associazioni combattentistiche e con gli enti locali;
a sostenere programmi e progetti che partendo dalla conoscenza del conflitto passato consentano di far riflettere le nuove generazioni sull'attualità, sulla gestione dei conflitti attraverso il confronto verbale e, dunque, mediante la promozione di percorsi di dialogo e pace.
(7-00559) «Ghizzoni, D'Ottavio, Gribaudo, Coscia, Ascani, Blazina, Bossa, Carocci, Coccia, Crimì, Incerti, Malisani, Malpezzi, Manzi, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Rampi, Rocchi, Andrea Romano, Paolo Rossi, Sgambato, Ventricelli».