• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.7/00154 L'impoverimento dell'offerta scolastica nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. Gli investimenti pubblici sono calati dal 2008 al 2013 del 19 per cento (fonte Eurydice) e il nostro è ormai...



Atto Senato

Risoluzione in Commissione 7-00154 presentata da ALESSIA PETRAGLIA
mercoledì 14 gennaio 2015, seduta n.155

Premessa
L'impoverimento dell'offerta scolastica nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. Gli investimenti pubblici sono calati dal 2008 al 2013 del 19 per cento (fonte Eurydice) e il nostro è ormai ultimo fra i Paesi europei. Oltre al taglio per più di 8 miliardi prodotto dalla legge n. 133 del 2008, i finanziamenti per il funzionamento alla scuola statale si sono drasticamente ridotti: nel 2001 erano circa 331 milioni di euro, mentre nel 2012 sono diventati circa 110 milioni di euro. Stessa sorte è toccata ai fondi per l'autonomia scolastica (legge n. 440 del 1997): in 12 anni sono passati da 259 milioni di euro a 87 milioni di euro.
La quadratura del cerchio arriva con il taglio del 25 per cento dei fondi per il miglioramento dell'offerta formativa operato con "l'operazione scatti di anzianità". La gran parte degli istituti scolastici continua a vedersi negato il recupero dei residui attivi. In parallelo è raddoppiata la spesa delle famiglie, che sono state costrette a sopperire alle carenze di investimento pubblico. I contributi volontari sono diventati spesso obbligatori.
In questi anni l'istituzione Scuola è stata privata della sua testa pensante, autonoma e democratica attraverso prima il mancato rinnovo e poi l'eliminazione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e degli altri organi collegiali territoriali. Sempre più si sta passando dalla scuola della Repubblica laica, democratica e autonoma alla scuola gestita in modo burocratico dal Ministero.
Il tasso di diplomati sulla popolazione attiva (25-64) è del 56 per cento contro una media OCSE del 76 per cento e nella fascia di età 55-64 è solo del 40 per cento contro una media del 65 per cento. Uno dei grandi risultati non riconosciuti del nostro sistema è l'aver portato in 30 anni il numero dei diplomati dal 40 al 71 per cento. Per quanto riguarda i diciannovenni la percentuale arriva al 79 per cento.
Per non parlare dei laureati che in Italia sono il 15 per cento della popolazione attiva contro una media nei paesi dell'OCSE del 32 per cento. A proposito delle conseguenze della crisi in atto, è preoccupante il netto calo avvenuto fra il 2003-2004 e il 2012-2013 del tasso di passaggio dalla scuola superiore all'università: dal 72,6 per cento al 55,7 per cento (fonte annuario Istat 2014).
Il mercato del lavoro è sempre più precarizzato e assorbe ormai prevalentemente figure professionali di basso livello. Anche nel nostro Paese si sviluppano tendenze ad adeguare il sistema scolastico a un mercato del lavoro dequalificato con il rischio sempre più incombente di una corrispondente dequalificazione dell'offerta formativa.
Come afferma anche il recente libro di Paolo Sestito, ex presidente Invalsi: sono le aziende a doversi accontentare di giovani sempre meno istruiti perché è la scuola a formarli così, oppure è la scuola a vedersi costretta ad abbassare i propri obiettivi perché tanto il mondo del lavoro di giovani brillanti e competenti non sa cosa farsene? Se continuerà questa tendenza verranno messi in discussione i fondamenti del nostro sistema scolastico a cui la Costituzione ha affidato il compito primario di dare a tutti i giovani un'istruzione in grado di renderli cittadini capaci di concorrere allo sviluppo sociale e politico del paese e di decidere in libertà il proprio futuro, non di formare dei lavoratori molti dei quali precari a vita.
I recenti dati di Education at a glance 2014 dell'OCSE evidenziano che nel nostro sistema le condizioni socio-conomiche dei genitori incidono sui risultati dei figli solo per il 10 per cento contro una media dei Paesi più sviluppati del 15 per cento e punte del 17-20 per cento in Germania, Danimarca e Belgio, mentre in Finlandia incide solo per il 9 per cento. Sempre l'OCSE evidenzia come uno studente di condizioni socio-economiche basse ha in Belgio e Germania probabilità 5 volte più alte di ottenere risultati scarsi rispetto a uno di condizioni economiche migliori, negli Stati uniti di tre volte e mezzo. In Italia la probabilità è solo di 3 ed è vicina a quella di Finlandia e Svezia. Per combattere la crescita esponenziale della diseguaglianza sociale in atto occorre quindi confermare la missione storica della nostra scuola, restituendole il prestigio e i mezzi necessari allo scopo.
Per quanto riguarda gli ambiti oggetto di indagine istruiti allo scopo di indicare alcuni indirizzi all'Esecutivo per prendere parte al progetto riformatore avviato, la Commissione esprime le seguenti considerazioni:
1. Tracciare un bilancio, dopo cinque anni, del riordino della scuola secondaria di secondo grado, onde verificare i punti di forza e di debolezza della scuola italiana.
Con la riforma derivante dalla legge n. 133 del 2008 si è creata una definitiva divaricazione tra istruzione liceale e tecnico-professionale, con una precisa separazione fra sapere e saper fare, definita nei singoli regolamenti. I tagli consistenti delle ore professionalizzanti negli istituti tecnici e professionali e delle relative attività di laboratorio con la perdita di posto degli insegnanti tecnico-pratici hanno prodotto una significativa dequalificazione dell'offerta formativa in questi indirizzi.
Il complesso delle riduzioni orarie è così definito:
- alle elementari si è passati da 32-33 ore a 27, cioè -5 ore per 33 settimane per 5 anni = - 825 ore;
- alle medie da 33 a 30, cioè -3 ore per 33 settimane per 3 anni = - 297 ore;
- alle superiori c'è stato un taglio medio di almeno 4 ore settimanali per 33 settimane per 5anni = - 660 ore. L'eventuale riduzione del liceo a 4 anni (invece di 5) comporterebbe un taglio di altre 627 ore.
Sommando le ore (825+297+660+627= 2.409 ore) e dividendole per 30 ore settimanali si ottengono -80 settimane, cioè due anni e mezzo in meno di scuola, d'istruzione, di formazione, di socializzazione, di costruzione di sé, di professionalità, di chance per il futuro. A ciò si aggiunge l'abrogazione delle sperimentazioni superiori senza alcuna valutazione sui loro risultati nonché l'introduzione di discipline prive di epistemologia di riferimento (geostoria + cittadinanza e Costituzione al biennio, scienze sociali) e tagli incomprensibili (1 ora di italiano al biennio) che contraddicono i benchmarks europei sulla lettoscrittura e comprensione del testo dei quindicenni scolarizzati.
La determinazione definitiva dell'obbligo formativo a 15 anni si pone in controtendenza con le indicazioni europee, con la possibilità assolverlo indifferentemente nella scuola, nel sistema duale e nell'apprendistato. Va poi segnalata l'assenza di azioni volte alla prevenzione degli abbandoni scolastici che si mantengono su percentuali molto più alte di quelle degli altri paesi europei. L'aumento del rapporto alunni-docente con la creazione delle famose "classi pollaio" ha ulteriormente ampliato un fenomeno che penalizza le possibilità di sviluppo sociale ed economico del Paese. Questa riduzione dell'offerta scolastica è tanto più grave nel nostro Paese che sconta arretratezze culturali e storiche: come evidenziato da un recente studio di Almadiploma dell'Università di Bologna, il 65 per cento dei diplomati che proseguono gli studi vengono dal liceo classico e scientifico, ma l'82 per cento degli immatricolati universitari proviene da famiglie i cui genitori non hanno esperienze universitarie. Si conferma pertanto che la nostra scuola concorre, anche se sempre più faticosamente, a fornire possibilità di crescita culturale a strati di popolazione che finora erano rimasti svantaggiati. La ricerca evidenzia come il 46 per cento degli intervistati afferma di aver sbagliato la scelta dell'indirizzo superiore. Ciò produce un tasso alto di dispersione per cui il 15 per cento abbandona dopo il primo anno di università. La proposta di Almadiploma è quella di un biennio comune che sposti la scelta dell'indirizzo ai 16 anni. Le stesse raccomandazioni della Commissione e del Consiglio d'Europa sono tutte contro la precocità della scelta di studio.
2. Ascoltare i suggerimenti per colmare le lacune del sistema scolastico italiano, anche alla luce di quanto contenuto nella proposta de "La buona scuola", al fine di inserire l'insegnamento della storia dell'arte, della musica, delle discipline economiche, delle lingue straniere con la metodologia del content and language integrated learning (CLIL) e del coding dell'informatica, non in una logica meramente additiva.
L'introduzione di nuove discipline nel documento "La buona scuola" sembra rispondere più ad esigenze di organico che a un preciso progetto culturale anche per la particolare caoticità delle enunciazioni. L'introduzione del CLIL senza un preciso progetto di formazione dei docenti e senza una precisa definizione delle finalità culturali dello stesso si sta rivelando un evidente fallimento. Anche la prevista introduzione del "coding" enunciata in modo approssimativo rischia di spostare l'attenzione formativa della scuola dal terreno del progetto (contenuto ad esempio nel Piano nazionale informatica degli anni Ottanta) a quello tecnico-operativo, proseguendo la linea dequalificante introdotta dai decreti applicativi della legge n. 133 del 2008. Il problema delle competenze di cittadinanza si affronta rendendole pervasive di tutte le discipline e non confinate in un'ora specifica. Positiva è comunque la proposta di introduzione dell'insegnamento della storia dell'arte e della musica.
Per quanto riguarda l'introduzione in tutti gli indirizzi dell'insegnamento delle discipline economiche occorre definire con chiarezza le finalità formative di comprensione dei processi economici globali, prevedendo anche la presenza di elementi di diritto. La Commissione condivide invece la proposta di un curriculum delle classi terminali articolato in discipline obbligatorie e opzionali. Il problema che si pone è di contenere quelle opzionali entro certi limiti per garantire comunque il valore legale del titolo di studio.
3. Comprendere come sviluppare serie politiche di orientamento scolastico e lavorativo tra scuola secondaria di primo e secondo grado e tra scuola secondaria di secondo grado e alta formazione tecnica, università e mondo del lavoro.
Il tema deve essere affrontato mediante il riordino del settore della scuola secondaria di secondo grado prevedendo un biennio unitario fortemente connesso con il percorso della scuola secondaria di primo grado e un triennio orientativo con una forte previsione di didattica laboratoriale, collegato all'istruzione tecnica superiore e al primo ciclo universitario, secondo l'impostazione del disegno di legge di iniziativa popolare per una buonas per la Repubblica, recentemente ripresentata da alcuni senatori con l'Atto Senato n. 1583. Allo scopo va innalzato l'obbligo scolastico prevedendo il suo inizio al terzo anno della scuola dell'infanzia e portando gradualmente il termine al diciottesimo anno.
4. Capire come rafforzare il rapporto tra scuola e impresa, affinché la scuola possa formare cittadini che abbiano i mezzi, le conoscenze e le competenze per vivere da protagonisti il mondo del lavoro.
Il documento "La buona scuola" e la sua proposta di una scuola fondata sul lavoro conferma la preoccupazione per un passaggio da una dimensione culturale a una addestrativa della funzione istituzionale della scuola in particolare tecnica e professionale. Lo schema di risoluzione proposto dalla relatrice Puglisi sembra addirittura proporre un adeguamento dell'offerta scolastica "alla richiesta estremamente diversificata che proviene dalle aziende" nei vari contesti territoriali. Deve rimanere prioritario il compito della scuola che forma il cittadino, secondo l'impostazione costituzionale. Allo scopo occorre evitare ogni previsione di inserimento precoce nel mondo del lavoro. Occorre affermare con forza che il rapporto con il mondo del lavoro va gestito dalla scuola e non dall'impresa, onde evitare pericolose derive. Le esperienze di scuola-lavoro devono avere finalità formative con ricaduta nell'esperienza didattica del gruppo classe.
5. Analizzare il meccanismo di valutazione degli insegnanti così come delineato ne "La buona scuola", con particolare riferimento non solo al superamento degli scatti d'anzianità ma anche alla nuova figura del docente Mentor.
Appare improvvisata e pericolosa la rinuncia agli scatti basati sull'esperienza, per passare ad un sistema di valutazione-promozione, in cui i dirigenti scolastici diventerebbero i sacerdoti unici che cooptano la casta degli eletti. I docenti, valutati dai dirigenti, si renderanno disponibili al momento dell'assunzione alla mobilità non solo fuori dalla Provincia, ma - se necessario - anche fuori dalla Regione. Il tutto in una professione che ha indici di femminilizzazione altissimi.
La creazione di un Registro nazionale del personale, che riporterà le abilità di ciascuno, fissandole in un portfolio individuale su cui verranno conteggiati i presunti "crediti" professionali dei singoli darà la possibilità ai dirigenti di cooptare nella propria scuola i nuovi assunti, ma anche di premiare il 66 per cento dei "migliori", che ogni 3 anni potranno così accedere ad uno scatto stipendiale di 60 euro.
La Commissione ritiene sia sbagliato introdurre una forte competitività tra i docenti attraverso il sistema degli scatti di competenza, perché cancrenizza la situazione invece di migliorarla, visto che la previsione di spostamenti dei mediamente bravi verso scuole con insegnanti meno bravi è assurda e da respingere. Dalla necessità di garantire l'uguaglianza delle possibilità formative degli studenti deriva quella dell'uguaglianza dell'offerta. In caso contrario si porrà la questione di come individuare quali studenti avranno a disposizione gli insegnanti migliori e quali i peggiori. La proposta del 66 per cento vuole affrontare la questione della valutazione dei docenti in termini sommativi e non formativi e a costo zero.
La Commissione propone che si predispongano interventi per migliorare le prestazioni di tutti i docenti. Tali interventi necessitano di consistenti investimenti umani e finanziari.
Occorre superare la confusione oggi presente fra valutazione degli studenti, delle scuole e degli insegnanti fondata principalmente sull'uso di medesimi test standardizzati. Per quanto riguarda la valutazione degli studenti occorre prima di tutto ritornare ai giudizi nella scuola primaria e riaffermare la centralità della valutazione di contesto. In tal senso occorre eliminare i test Invalsi dagli esami finali delle scuole superiori di primo e secondo grado. La valutazione delle scuole deve essere esterna e a campione superando il livello censuario che costringe i nostri studenti a ben 6 test standardizzati nella loro carriera scolastica. I test Invalsi debbono essere messi a disposizione degli insegnanti che li utilizzeranno come strumenti di valutazione in sinergia con gli altri strumenti utilizzati.
Per quanto riguarda gli insegnanti la strada giusta è quella, prevista in altri Paesi, di interventi di sostegno specifici tendenti a migliorare le prestazioni dei singoli sia in campo professionale che relazionale incentivando la collegialità del lavoro docente. In ogni caso, occorre mettere in sinergia ogni nuovo intervento con l'entrata a regime del Sistema nazionale di valutazione, per il quale si prevede un aumento del corpo ispettivo, indicato come funzione strategica (anche per questa spesa non sono indicate le risorse), dalla direttiva n.11 del 18 settembre 2014.
Per quanto riguarda invece il tema della carriera insegnante, che è cosa ben diversa dalla valutazione dei singoli docenti, occorre riconoscere economicamente le attività aggiuntive di carattere organizzativo svolte, mantenendo però come centrale la funzione didattica della scuola. Occorre pertanto scorporare, come più volte affermato e mai realizzato, la funzione di programmazione didattica da quella gestionale. In tal senso concordiamo sulla esigenza di evitare che si creino docenti destinati esclusivamente a funzioni organizzative o a "tappabuchi" e a garantire comunque a tutti lo sviluppo di una professionalità docente in classe.
Per quanto concerne le risorse economiche, la Commissione si dichiara decisamente contraria all'affermazione contenuta nel documento "La buona scuola" secondo cui:"Le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola."Per garantire l'unitarietà del sistema e l'uguaglianza dell'offerta occorre che la Repubblica garantisca a tutte le scuole le medesime risorse, prevedendo investimenti pubblici aggiuntivi con risorse finanziarie e umane nelle scuole situate in zone disagiate o comunque che evidenzino problemi di qualità dell'offerta. In tal senso condividiamo le affermazioni dello schema di risoluzione della relatrice Puglisi.
Conclusioni
Alla luce dell'approfondimento svolto, tenendo conto tanto delle numerose audizioni quanto dei validi documenti pervenuti, la Commissione impegna il Governo:
1. a riportare al più presto i livelli di investimento pubblico sulla scuola ai livelli del 2008 con la prospettiva di garantire un tasso del 6 per cento del PIL in linea con la media dei Paesi europei e più sviluppati;
2. a garantire al più presto il rientro dei residui attivi ancora a credito degli istituti scolastici;
3. a prevedere nella scuola secondaria di primo grado percorsi didattici di orientamento per aree disciplinari differenti, finalizzati alla scelta consapevole della prosecuzione degli studi;
4. a introdurre un biennio unitario nella scuola secondaria di secondo grado collegato più strettamente con il percorso scolastico di primo grado;
5. a introdurre un triennio orientativo basato su una didattica laboratoriale;
6. a mantenere il sistema degli scatti che riconoscano una progressione stipendiale basata sull'esperienza;
7. a eliminare il tetto massimo dei titoli riconoscibili ai fini della compilazione delle graduatorie d'istituto;
8. a prevedere forme di riconoscimento dei medesimi titoli ai fini della progressione di carriera, fatti salvi i criteri per la valutazione dei titoli di studio, ivi comprese le pubblicazioni;
9. a prevedere un organico funzionale che garantisca a tutti i docenti una quota significativa di ore di insegnamento disciplinari;
10. ad aumentare le risorse destinate alla retribuzione delle funzioni aggiuntive in campo organizzativo;
11. ad assicurare l'organico di docenti specializzati sul sostegno, garantendo in tutti gli ordini di scuole la corretta integrazione e il successo formativo di allieve e allievi con disabilità di qualsiasi natura, con riguardo in particolare alla continuità didattica;
12. ad aumentare le risorse destinate alle attività di recupero e sostegno degli studenti in difficoltà;
13. a riportare ai livelli del 2001 i finanziamenti per il funzionamento delle scuole, per l'autonomia, per il miglioramento dell'offerta formativa;
14. a rispondere positivamente a tutte le richieste degli istituti comprensivi e dei Comuni di istituzione di nuove sezioni statali di scuola dell'infanzia, che costituisce il primo gradino del sistema scolastico 3-18 anni, introducendo l'obbligo scolastico dai 5 anni di età;
15. a definire con chiarezza l'obbligo scolastico fin ai 16 anni e valutare la possibilità di suo innalzamento a 18 anni;
16. a distinguere con chiarezza fra valutazione degli student, che deve essere a carico esclusivo dei loro docenti, valutazione delle scuole, affidata a un ente autonomo ed esterno, e valutazione dei docenti, che deve avere una funzione di sostegno e non essere punitiva o produrre concorrenzialità, ma collegialità;
17. ad eliminare dagli esami finali delle scuole secondarie di primo e secondo grado i test Invalsi;
18. a dare seguito al più presto alle sentenze del TAR Lazio e del Consiglio di Stato che impongono al Ministero la convocazione delle elezioni per l'istituzione del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) di cui alla legge n. 233 del 1999.
(7-00154)
Petraglia, Montevecchi, Centinaio, Mussini, De Petris, Barozzino, Bencini, Bignami, Casaletto, Cervellini, De Cristofaro, De Pin, Gambaro, Orellana, Romani, Pepe, Stefano E Uras