• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00108 udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2,...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00108presentato daBRUNETTA Renatotesto diLunedì 19 gennaio 2015, seduta n. 365

La Camera,
udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
premesso che:
l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
il sistema giudiziario dell'Italia ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, e per garantire la effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese;
nel corso della presente legislatura, la questione giustizia è stata relegata ad una serie di piccoli interventi dagli orizzonti limitati: in particolare dall'estate scorsa, si assiste ad una serie di annunci roboanti da parte del Governo che però si sono concretizzati in misure di scarso impatto sul sistema giudiziario nel suo complesso, o comunque non incisive e non in grado di realizzare una piena riforma dell'assetto della giustizia; in questi mesi si è infatti assistito ad interventi occasionali, a misure tampone, che non hanno neanche l'ambizione di incidere in profondità sui problemi e che rappresentano, a voler essere ottimisti, dei puri e semplici palliativi;
partendo dall'annosa questione del sovraffollamento carcerario, va rilevato che non è stato ancora dato pieno seguito all'importante messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato alle Camere nel mese di ottobre 2013: tra le misure necessarie citate per risolvere la questione carceraria, spiccavano infatti la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, e l'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
nel corso di quest'anno, sono stati diversi gli interventi in materia di custodia cautelare, anche sostenuti dal gruppo Forza Italia, in quanto misure oggetto di una delle priorità del nostro sistema giudiziario, determinata da dati che dicono, ormai da anni, come della carcerazione preventiva si sia fatto un vero e proprio abuso, con una media del 40 per cento della popolazione carceraria in attesa di un giudizio definitivo; tra queste, quasi la metà è rappresentata da persone in attesa di un giudizio di primo grado. Tali persone non restano in carcere solo per pochi giorni e scontano una condanna ancora prima che si sia celebrato il processo;
rispetto a tanta evidenza, purtroppo, ancora una volta, va sottolineato come una misura così importante, sia per la salvaguardia dei diritti costituzionali dei cittadini sia per la sostenibilità dei nostri istituti di pena, sia comunque frutto di una norma tampone; nessuna traccia, inoltre, dei rimedi straordinari a cui aveva fatto riferimento il Capo dello Stato nel suo messaggio;
negli ultimi mesi abbiamo varato una serie di provvedimenti – svuota carceri, messa alla prova, riduzione della popolazione carceraria – che hanno perseguito, non sempre con la stessa efficacia e con la stessa coerenza, intenti garantisti e di miglioramento delle condizioni effettive per l'espletamento della pena, ma con risultati comunque nel complesso carenti. Quando si mettono in campo interventi che vanno a riformare i meccanismi di un settore delicato e complesso come quello della giustizia, soprattutto se incidono direttamente sul codice di procedura penale, la strada maestra dovrebbe sempre essere quella delle riforme strutturali, come chiede, da sempre, Forza Italia;
tornando agli annunci e alle promesse, si ricorda che lo scorso 30 giugno, al termine del Consiglio dei ministri, il Presidente Matteo Renzi e il Ministro della giustizia Andrea Orlando hanno presentato in conferenza stampa i 12 punti da cui partire per la riforma del sistema giudiziario italiano. Nel comunicato del Consiglio dei ministri del 29 agosto 2014, il Governo aveva annunciato l'approvazione di diversi provvedimenti in tema di giustizia: un decreto-legge, recante interventi in materia di degiurisdizionalizzazione e processo civile, pubblicato in data 12 settembre (decreto-legge n. 132 del 2014), e sei disegni di legge riguardanti: patrimoni illeciti; responsabilità civile dei magistrati; delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile; delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace; delega al Governo per la riforma del Libro XI del codice di procedura penale e modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l'estero; modifiche alla normativa penale, sostanziale e processuale e ordinamentale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena;
di questi provvedimenti, solo il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, è stato convertito dalle Camere; anche in questo caso, si è davanti all'ennesimo intervento che non ha nessuna vocazione riformatrice, ma che si limita esclusivamente ad introdurre l'istituto della negoziazione assistita, una norma «spot» sulle ferie dei magistrati, e nuove disposizioni in materia di «divorzio facile»;
in tema di responsabilità civile dei magistrati, il Governo è intervenuto al Senato attraverso la presentazione di emendamenti; il testo approvato dal Senato e attualmente all'esame della Camera appare però ancora squilibrato perché dà una serie di indicazioni in contrasto le une con le altre, e continua a non tener conto delle vere affermazioni di responsabilità;
in tema di patrimoni illeciti, il Governo si è limitato ad inserire all'interno della legge n. 186 del 15 dicembre 2014, recante disposizioni in materia di rientro dei capitali detenuti all'estero, il nuovo reato di autoriciclaggio: un reato che, così come formulato non specifica degnamente le fattispecie incriminatrici, rischiando di punire anche azioni che non sono investimenti o trasferimenti dei patrimoni in attività illecite, ma attività assolutamente lecite e fisiologiche per gli imprenditori. La norma può essere soggetta a diverse interpretazioni, e rischia perciò di trascinare nel circuito penale migliaia di imprese;
in tema di prescrizione, la discussione in atto, che vede il testo del Governo contrapporsi in diversi punti a quello portato avanti dal Partito democratico, sembra essere troppo legata a questioni più che altro ideologiche, dimenticando che la stessa è una delle caratteristiche dello Stato liberale, è una delle garanzie del cittadino. Ciò che manca è la responsabilità, l'organizzazione giudiziaria: il giudice e chiunque ha responsabilità organizzative dovrebbe essere in grado di garantire la celebrazione dei processi, che si fa anche seguendo un ordine cronologico, tenendo conto dei termini di prescrizione;
in tema di durata dei processi, il Ministro Orlando ha recentemente lanciato il «programma Strasburgo 2» per lo smaltimento dell'arretrato civile esistente; va rilevato che finora l'Italia ha pagato 500 milioni di euro per cause relative alla legge Pinto, che prevede un indennizzo per chi è stato coinvolto in processi troppo lunghi, e che oggi l'Italia ha un debito inevaso di oltre 400 milioni di euro;
le proposte di referendum abrogativi sulla giustizia avanzate nel passato recente sono state bocciate sul piano della regolarità formale, ma è evidente che sul piano sostanziale tantissimi italiani hanno chiaramente espresso la volontà di riformare il sistema di governo della magistratura. La politica ha quindi il dovere di dare ascolto a queste istanze e propone soluzioni,

impegna il Governo:

a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
a) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione in quanto: nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema e deve essere oltremodo assicurata – ferme restando le esigenze di tutela della collettività – l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile, per il quale va implementato il ricorso all'informatica, deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati;
b) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo, anche attraverso l'esaurimento di graduatorie rimaste finora parzialmente inutilizzate, e all'effettiva riqualificazione del personale;
c) l'avvio di una fase di monitoraggio dell'applicazione delle nuove norme in materia di custodia cautelare, degli effetti in merito alla riduzione del sovraffollamento carcerario, e alla piena realizzazione del principio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio;
d) la normalizzazione dell'emergenza carceraria, anche attraverso una valutazione dell'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
e) la predisposizione di riforme costituzionali che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del CSM che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge;
f) la tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico; così come la politica, sia del Governo che del Parlamento, non può ingerirsi nell'attività dei giudici, altrettanto deve fare la politica oggettivamente presente nella magistratura attraverso le sue correnti;
g) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai frequenti protagonismi dei singoli nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale e non già della loro appartenenza ad una corrente predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
h) la realizzazione di una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali per porre fine a quello che rappresenta una grave violazione del diritto alla riservatezza. In particolare, le intercettazioni telefoniche devono limitarsi ai casi di reale e comprovata presenza di gravi indizi e riguardare esclusivamente gli indagati o soggetti effettivamente a questi collegati e deve essere severamente punita la diffusione, prima ancora del rinvio a giudizio, delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale, occorre, infine, inasprire le pene per chi divulga, ma individuate le responsabilità di chi rilascia le informazioni dall'interno delle procure;
i) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
l) il contrasto – sulla scia delle iniziative già adottate dai Governi Berlusconi – ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali, senza abbandonare la strada già intrapresa in particolare nella scorsa legislatura sul versante dell'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di privare le associazioni mafiose di ogni possibile risorsa finanziaria;
m) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati.
(6-00108) «Brunetta, Chiarelli, D'Alessandro, Marotta, Parisi, Sarro».