• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/04628 l'AIFA ha recentemente pubblicato un Concept Paper sulla sindrome di ADHD, che fotografa l'attuale situazione in modo particolare per ciò che riguarda l'ambito farmacologico, che coinvolge...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-04628presentato daBINETTI Paolatesto diGiovedì 5 febbraio 2015, seduta n. 372

BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'AIFA ha recentemente pubblicato un Concept Paper sulla sindrome di ADHD, che fotografa l'attuale situazione in modo particolare per ciò che riguarda l'ambito farmacologico, che coinvolge diagnosi e cura;
il criterio di soglia clinica fissato nel Concept Paper, riducendo l'età in cui è possibile formulare la diagnosi, determina un ampliamento della potenziale platea dei soggetti affetti da ADHD e include tra i criteri che concorrono a formulare la diagnosi anche le difficoltà relazionali e il rendimento scolastico dei soggetti;
l'ampliamento dei criteri per la diagnosi della sindrome di ADHD e l'abbassamento dell'età in cui può essere diagnosticata, ha creato un aumento dei bambini che possono essere considerati potenzialmente malati, con il conseguente aumento del consumo di farmaci ritenuti specifici per il suo trattamento;
nel 2007, in seguito ad una discussione pubblica dai toni molto accesi sui parametri che definiscono la sindrome di ADHD, fu realizzato dall'ISS un registro a salvaguardia dei minori, in quanto il farmaco proposto per la cura specifica dell'ADHD rientrava, e rientra ancora oggi, nella categoria degli stupefacenti;
attualmente i punti di partenza per la diagnosi della sindrome ADHD sono ancora controversi, anche perché mentre l'NIH Consensus (USA) sottolinea che non esiste ancora un test per l'ADHD, la diagnosi viene posta in base ad alcuni questionari somministrati a genitori e insegnanti le cui domande sono discutibili, mentre i loro effetti sembrano devastanti. Si tratta infatti di domande molto generiche del tipo: «Piange spesso?» «Piange perché vuole stare in braccio?» «Sputa i cibi che non gli piacciono?», «Vomita quando si arrabbia?», «Non dorme quando viene messo in culla? Butta gli oggetti per terra?» «Sorride poco?» Per una diagnosi rigorosa risulta inoltre problematica anche la differenza tra le diverse percentuali di ADHD sul territorio nazionale; si oscilla infatti tra un 12 per cento e uno 0,10 per cento a seconda delle regioni;
in Italia, secondo i dati riportati nel registro dell'ISS, la diagnosi complessiva di ADHD si aggira intorno all'1 per cento, mentre secondo uno studio citato nel documento AIFA, l'incidenza della diagnosi di ADHD si dovrebbe aggirare intorno al 3 per cento. Secondo uno studio dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Mario Negri» (IRCCS) invece la percentuale di soggetti affetti da ADHD sarebbe dello 0,3 per cento;
negli USA la percentuale di bambini con sindrome ADHD nel 2007 sarebbe stata del 9,5 per cento, per un totale complessivo di circa 5,4 milioni di bambini; mentre più recentemente, nel 2013, l'IMS Health, la più importante agenzia americana che raccoglie e comunica i dati relativi alle prescrizioni mediche, parla di oltre 8 milioni di bambini; si tratterebbe di due milioni e mezzo di bambini in più diagnosticati e registrati negli ultimi 5 anni;
non stupisce che in tal modo la somministrazione di farmaci sia aumentata del 100 per cento in 50 Paesi;
gli specialisti che propendono per questa sindrome mettono in primo piano la base genetica, tuttora non convalidata, e segnalano la specificità della sindrome rispetto ad altri disturbi come la depressione, il disturbo oppositivo provocatorio, il disturbo della condotta o anche semplici manifestazioni di forte rabbia che pur mostrando una analoga sintomatologia, rimandano però a cause diverse e possono essere causa di comorbidità;
una ricerca condotta su vasta scala in Canada mostra come la possibilità di ricevere una diagnosi di ADHD è molto più frequente, di circa il 30 per cento, se il bambino va a scuola a 5 anni e non a 6, perché in pratica sono bambini semplicemente immaturi; anche in Italia se i bambini vanno a scuola troppo presto rispetto alla loro maturità rischiano l'attribuzione di diagnosi inadeguate, come per esempio la dislessia, che generalmente si attesta al 3 per cento, a che sale al 14 per cento se il soggetto è un bambino di 5 anni che sta in prima;
i rischi aumentano anche se si considera come sono cambiate negli ultimi 20 anni le condizioni di vita del bambino piccolo, basti pensare che prima i figli stavano a casa fino ai 5/6 anni, adesso vengono inseriti nei nidi già a 6 mesi; ciò comporta per alcuni di loro un senso di abbandono e un aumento esponenziale del sentimento di rabbia che si traduce spesso in un più alto tasso di aggressività, che può far pensare ad una sindrome iperattiva; per questo l'età di diagnosi si è abbassata al punto tale che 1.400 bambini di 1 anno di età sono stati diagnosticati ADHD; si tratta di un dato indicativo della piega che stanno prendendo questi fatti;
accade anche che venga effettuata diagnosi di ADHD a bambini plusdotati, di cui non viene riconosciuta la plusdotazione ma solo l'iperattività e il disturbo dell'attenzione, spesso legato alla noia in classe che crea demotivazione e fa apparire il bambino inadeguato;
la NEK Commissione Consultiva Nazionale Svizzera sull'Etica Biomedica ha espresso un parere molto critico sull'uso del Ritalin per la cura dell'ADHD sottolineando che altera il comportamento del bambino senza alcun beneficio; nella sola Germania, l'aumento di consumo di psicofarmaci per l'ADHD è passato, da 34 chili nel 1993 a 1.760 chili nel 2011;
Leon Eisenberg, considerato il padre della diagnosi della sindrome ADHD ha ammesso al giornale DER SPIEGEL che l'ADHD «è una malattia fittizia», anche se di ciò ha molto beneficiato la sua carriera professionale;
l'aumento così spropositato di consumo di questi farmaci in Germania non è dovuto solo a una maggiore attività dei rappresentanti farmaceutici nello spingere i propri prodotti, ma anche al comportamento manipolativo di alcune case farmaceutiche che per aumentare le vendite hanno fatto ricorso all'uso di fumetti per l'infanzia per convincere i bambini a chiedere le pillole ai genitori per diventare «buoni» e farli felici;
dal documento recentemente presentato dall'AIFA emerge anche come nei bambini che iniziano a prendere farmaci si crea una sorta di dipendenza che si prolunga anche dopo i 18 anni;
la terapia per l'ADHD proposta prevede in genere la somministrazione di psicofarmaci che non curano la malattia ma ne limitano le manifestazioni sintomatologiche, obbligando però ad un'assunzione a lungo termine che per l'appunto crea dipendenza: gli effetti positivi, solo sintomatici, si esauriscono nel medio periodo e riguardano un 70 per cento di pazienti, mentre un altro 30 per cento non manifesta nessun tipo di miglioramento;
in alternativa, o contemporaneamente ai farmaci è prevista una psicoterapia, di tipo comportamentale, che spesso si riduce ad un semplice addestramento, che in Inghilterra è stata messa pesantemente in discussione;
psicofarmaci e interventi puramente comportamentali sono diventati l'unica soluzione proposta a genitori ed insegnanti, pur nella convinzione dei suoi rischi e dei suoi limiti, dei suoi scarsi risultati e del senso di frustrazione che si genera e che esaspera bambini ed adulti, aggravando la situazione –:
come, alla luce di quanto espresso in premessa, si intenda intervenire per individuare criteri chiari per la diagnosi della sindrome da ADHD, riducendo il disagio che si crea nei bambini e nelle loro famiglie quando sono obbligati a dare prestazioni al di sopra delle loro capacità e dei loro livelli di maturità;
come si intenda monitorare il consumo di psicofarmaci nell'infanzia per evitare che l'inappropriatezza della somministrazione crei nel tempo danni ancora maggiori nello sviluppo dei bambini.
(5-04628)