• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/01665 CASTALDI, GIROTTO, BUCCARELLA, SCIBONA, BLUNDO, CATALFO, PETROCELLI, PUGLIA - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'ambiente e della tutela del territorio...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-01665 presentata da GIANLUCA CASTALDI
martedì 17 febbraio 2015, seduta n.392

CASTALDI, GIROTTO, BUCCARELLA, SCIBONA, BLUNDO, CATALFO, PETROCELLI, PUGLIA - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico - Premesso che:

con l'ordine del giorno G2 (testo 2) approvato dall'Aula del Senato in data 2 aprile 2014, il Governo italiano si è impegnato, tra le altre cose: a promuovere in tutte le sedi opportune iniziative volte a definire una comune strategia con tutti gli altri Paesi del Mediterraneo per una severa regolamentazione dello sfruttamento di giacimenti sottomarini di idrocarburi nell'intero bacino; a promuovere un innalzamento del quadro regolatorio in materia di sicurezza anche nei Paesi del mar Mediterraneo attraverso l'attivazione degli opportuni canali diplomatici e la promozione di una conferenza dei Paesi rivieraschi; a verificare la compatibilità di attività eventualmente in corso da parte di Stati mediterranei in acque internazionali o di loro competenza con gli accordi internazionali in essere e con le discipline regolative concernenti lo sfruttamento della piattaforma continentale e comunque, ove ritenga, ad attivare una stretta interlocuzione con gli stessi Stati per sollecitare il fermo di iniziative che, data la particolare contiguità e vicinanza con la regione marina e con le coste italiane, potrebbero metterne a rischio l'integrità e in virtù di ciò predisporre l'elenco esatto delle autorizzazioni rilasciate ed ancor oggi in vigore con riferimento alle acque territoriali italiane e, al di fuori di esse, alla piattaforma continentale ed altresì di ogni altro nulla osta rilasciato anche con riferimento ad iniziative di stessa natura ove lo Stato italiano sia partecipe; ad assicurare il tempestivo recepimento della direttiva 2013/30/UE, prestando particolare attenzione alla valutazione delle capacità tecnico-economiche del richiedente, anche per far fronte a eventuali misure di compensazione di danni ambientali, al coinvolgimento dei territori e ai compiti dell'autorità competente; ad incrementare le condizioni di sicurezza del trasporto marittimo con particolare riferimento al mare Adriatico; a dimostrare la dovuta sensibilità per la tutela delle coste del mare Adriatico soggette a rischio di preoccupanti fenomeni di subsidenza;

considerato che:

la Repubblica di Croazia ha avviato un piano di sfruttamento dei fondali nella parte del mare Adriatico di sua pertinenza suddividendo ben il 90 per cento della superficie marina adriatica croata in 29 "blocchi", di ampiezza variabile tra 1.000 e 1.600 chilometri quadrati;

le prime procedure per l'assegnazione dei diritti di ricerca in questa area sono già state espletate, nonostante la valutazione ambientale strategica (VAS) pubblicata in data 16 gennaio 2015 non si sia ancora conclusa, e sono già state assegnate 10 concessioni: il consorzio tra l'americana Marathon Oil e l'austriaca Omv si è aggiudicato 7 delle 10 aree concesse; 2 licenze sono andate al consorzio tra la società pubblica croata Ina e l'ungherese Mol, una al consorzio tra l'Eni e l'inglese Medoilgas;

dalle poche notizie che risultano agli interroganti il piano della Repubblica di Croazia, che vorrebbe trivellare praticamente la totalità del mare di sua spettanza, è lacunoso dal punto di vista ambientale e potenzialmente disastroso per uno spazio chiuso come l'Adriatico in cui la più piccola perdita di petrolio potrebbe causare un disastro ambientale irrimediabile;

secondo quanto riferito e scritto dalla dottoressa sa Maria Rita D'Orsogna sul suo sito, «parliamo del 90 per cento dell'Adriatico croato trasformato in un gigantesco campo di petrolio. Eppure, lo Strategic Environmental Assessment (SEA) di Croazia, di circa 400 pagine dedica solo poche righe all'Italia che si concludono con il solito "tutto a posto"»;

lo Strategic environmental assessment (SEA) raffigura l'impatto per il nostro Paese in questi termini: «Il bordo esterno dei campi di ricerca numero 1, 2, 3, 5, 7, 9, 12, 15, 18, 24, 25, 26 i 29 si trova al confine con la zona epicontinentale dell'Italia (immagini 8.9. e 8.10). Ai limiti della parte nord del campo di ricerca n. 1 si trova la zona Natura 2000 IT 330009 Trezze San Pietro Bordelli (SCI), dove non si può escludere l'impatto transfrontaliero se le attività si svolgeranno nel campo 1. Di seguito, prima di iniziare le attività di ricerca e produzione idrocarburi nel campo 1 bisogna provvedere alle consultazioni con la Repubblica d'Italia. Come alternativa si propone la riduzione dell'area del campo di ricerca n. 1 nella sua parte settentrionale. I bordi esterni dei campi di ricerca n.18 e 24 sono distanti circa 22 km dall'area Natura 2000 IT 911001 Isole Tremiti (SCI) e IT 9110040 Isole Tremiti (SPA). Data la distanza dai campi di ricerca non si prevedono impatti transfrontalieri per quanto riguarda le aree Natura 2000 in Italia, escluso in caso di incidenti. Le aree protette marine in Italia si trovano a distanza di 20 km dai campi di ricerca (immagine 8.11) e non si prevedono impatti su di loro»;

la zona Natura 330009 "Trezze San Pietro Bordelli", del Friuli-Venezia Giulia, è un sito marino di interesse europeo, con biodiversità di flora e fauna acquatica e con speciali formazioni geomorfologiche, nei pressi di Gorizia, vicina al lotto 1 individuato dalla Croazia;

è evidenza scientifica acquisita, prosegue la dottoressa D'Orsogna, che le piattaforme a mare rilasciano «fluidi di perforazione e scarti metallici, che includono sostanze tossiche, fra cui cromo, mercurio e benzene, direttamente a mare. L'intero processo di estrazione del petrolio a mare crea inquinamento dannoso agli umani ed alla vita marina per tutto l'arco della durata del progetto. Una piattaforma rilascia circa 90.000 tonnellate di materiale di scarto durante l'arco della sua vita temporale, danneggiando la vita marina e la qualità dell'aria. Oltre alle piattaforme, le petroliere potrebbero causare ulteriore inquinamento, visto che ogni anno circa 635.000 tonnellate di greggio sono rilasciate dalle navi nel Mediterraneo. Tutto questo nel giro di pochi chilometri di distanza da aree marine e un migliaio di isole ed isolotti croati»;

è noto che nell'alto Adriatico le correnti finiscono per trasportare inquinanti e rifiuti sulle coste venete e romagnole. Non a caso si ritrovano sui litorali anche i corpi di delfini e tartarughe provenienti dall'altra sponda dell'Adriatico;

considerato inoltre che:

l'associazione Greenpeace ha invitato il Governo italiano a chiedere alla Repubblica di Croazia di essere "consultato e incluso nella Valutazione Ambientale Strategica in corso riguardo ai piani di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio" situati nel versante croato, avvalendosi dei meccanismi previsti dalla Convenzione di Espoo dell'UN/ECE sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, e dunque ad esigere dalla Croazia un diritto di consultazione;

il progetto portato avanti dalla Croazia avrebbe caratteristiche di sfruttamento intensivo, secondo quanto afferma Greenpeace, «con l'implicazione di quasi la totalità della superficie marina sotto giurisdizione croata (circa il 90%, suddiviso in 29 "blocchi" di ampiezza compresa tra i 1.000 e i 1.600 kmq). Non esisterebbero limiti al numero di pozzi o piattaforme previsti per l'estrazione di gas e petrolio, ignorando così i possibili effetti transfrontalieri, così come sono ignorate misure di tutela per aree cruciali per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale anche per la flotta peschereccia italiana. Ugualmente appaiono trascurati gli impatti sul turismo. (...) I pozzi potranno inoltre essere realizzati anche a profondità elevate, con estrazioni classificate come "ultra deep drilling". Attività tra le più rischiose, sottolinea l'associazione ambientalista, di carattere simile a quelle da cui è poi scaturita nel Golfo del Messico la tragedia della Deep Water Horizon»;

nelle stesse valutazioni preliminari sul piano di sfruttamento delle risorse fossili offshore della Repubblica di Croazia, elaborate da Greenpeace, si evidenzia come la strategia definita non considera alcun vincolo di tutela per un'area già individuata nel protocollo SPA (Specially protected areas) della Convenzione di Barcellona e denominata "G" (corrispondente all'Adriatico centrale e settentrionale);

la VAS approntata dalla Repubblica di Croazia concede alle attività finalizzate all'estrazione anche 5 aree (10,11,12,13,15) coincidenti con la fossa di Pomo (Jabuka pit), un'area vitale per la riproduzione di specie di valore commerciale per la marineria italiana (che per le sole attività in Adriatico ha generato un valore, nel 2012, di circa 370 milioni di euro, senza includere l'indotto generato);

nel Framework plan and programm elaborato dalla Croazia non sono presenti valutazioni o previsione riguardo al "decommissioning" delle infrastrutture che verranno realizzate;

la Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, con annessi, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata dalla legge 3 novembre 1994, n. 640, all'articolo 2, comma 1, prevede: "Le parti adottano individualmente o insieme, ogni misura appropriata ed efficace per prevenire, ridurre e combattere un impatto transfrontaliero pregiudizievole importante che potrebbe derivare all'ambiente da attività previste";

l'articolo 3, comma 1, sancisce: "Se un'attività prevista iscritta sulla lista che figura all'Appendice I è suscettibile di avere un impatto transfrontaliero pregiudizievole importante, la Parte di origine in vista di procedere a consultazioni sufficienti ed efficaci come previsto dall'Articolo 5, ne dà notifica ad ogni Parte che potrebbe a suo avviso essere colpita, non appena possibile ed al più tardi quando detta Parte dà avviso pubblico di tale attività". Il comma 2 stabilisce: "La notifica contiene in particolare: a) informazioni sull'attività prevista compresa ogni informazione disponibile su un suo eventuale impatto transfrontaliero";

con la direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 è definita la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (testo vigente allineato alla Convenzione di Espoo e alla Convenzione di Aarhus);

a parere degli interroganti è indubbio che il progetto della Repubblica di Croazia sia incompatibile con la protezione del mare Adriatico di Croazia e che debba essere fermato,

si chiede di sapere:

se il Governo intenda avvalersi nei confronti della Repubblica di Croazia di quanto previsto dalla Convenzione di Espoo, esigendo il diritto alla consultazione;

se intenda rispettare l'impegno preso con l'approvazione in Senato dell'ordine del giorno citato, teso «a verificare la compatibilità di attività eventualmente in corso da parte di Stati mediterranei in acque internazionali o di loro competenza con gli accordi internazionali in essere e con le discipline regolative concernenti lo sfruttamento della piattaforma continentale e comunque, ove ritenga, ad attivare una stretta interlocuzione con gli stessi Stati per sollecitare il fermo di iniziative che, data la particolare contiguità e vicinanza con la regione marina e con le coste italiane, potrebbero metterne a rischio l'integrità e in virtù di ciò predisporre l'elenco esatto delle autorizzazioni rilasciate ed ancor oggi in vigore con riferimento alle acque territoriali italiane e, al di fuori di esse, alla piattaforma continentale ed altresì di ogni altro nulla osta rilasciato anche con riferimento ad iniziative di stessa natura ove lo Stato italiano sia partecipe»;

se i Ministri in indirizzo non ritengano, nell'ambito delle proprie competenze, di adottare tutte le opportune iniziative tese alla protezione e salvaguardia del mare Adriatico, anche valutando l'apertura di un contenzioso con la Repubblica di Croazia.

(3-01665)