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Atto a cui si riferisce:
C.5/00241 da notizie di stampa si apprende che, nell'ambito di un procedimento intentato contro la società Equitalia da parte di un imprenditore casertano, dalla consulenza tecnica di parte, depositata...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-00241

Con il documento in esame, l'onorevole interrogante lamenta la correttezza e la liceità dei tassi di interesse applicati da Equitalia S.p.a. in relazione ad alcune cartelle esattoriali emesse nei confronti di un imprenditore casertano, nonché l'applicazione illegittima dell'anantocismo da parte del concessionario della riscossione.
Al riguardo, Equitalia S.p.A. rappresenta quanto segue.
Le denunce per usura contro Equitalia rappresentano una casistica che ha avuto una certa diffusione soprattutto a causa di un'eco mediatica per lo più distorta e fuorviarne.
Si tratta di denunce che, finora senza eccezione alcuna, poggiano su presupposti infondati, illegittimi e, non di rado calunniose, spesso accompagnate da perizie di parte che punterebbero a dimostrare che gli interessi applicati sui carichi iscritti a ruolo superano il cosiddetto tasso soglia previsto per il reato di usura.
In realtà deve affermarsi che le condotte poste in essere da Equitalia non possono nemmeno astrattamente essere sussunte sotto il reato di usura.
Il reato di usura, infatti, presuppone un contratto commutativo sottostante, un rapporto sinallagmatico in base al quale il creditore fornisce «una prestazione di denaro o di altra utilità» e il debitore è tenuto, per estinguere l'obbligazione, a versare tassi usurari. L'interesse è quindi, per espresso dettato normativo, il corrispettivo per la prestazione resa dal creditore.
Posto, dunque, che per potersi parlare del reato di usura è necessario che gli interessi (usurari) siano il corrispettivo di una prestazione di denaro, è evidente che nell'ipotesi di riscossione coattiva a mezzo ruolo non vi è alcun sinallagma.
L'agente della riscossione non effettua alcuna prestazione in favore del contribuente, né, tantomeno, il contribuente esegue una controprestazione in favore di Equitalia.
La condizione di debitore nella quale si trova il contribuente non deriva infatti dall'adempimento di una controprestazione, ma dall'obbligo di versamento all'Erario (o ad altro ente impositore, a seconda dei casi), eventualmente maggiorato in virtù del ritardo nei pagamenti.
A fondamento dell'obbligazione non vi è un contratto, bensì un obbligo di legge collegato al mancato pagamento di tributi o contributi.
Queste osservazioni sono state confermate – tra gli altri – dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura con chiarimento del 13 febbraio 2012 (prot. 167/8E) trasmesso a tutti i prefetti.
Dal momento che Equitalia è stata oggetto di una serie di denunce per usura e che la presentazione di tali denunce era il necessario presupposto per chiedere l'accesso al Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura e per domandare, di conseguenza, la sospensione dei termini di cui all'articolo 20 della legge 23 febbraio 1999, n. 44 (come modificato dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3), il Commissario ha evidenziato il pericolo di «un uso strumentale dell'istituto della sospensione dei termini, a fronte di una assoluta infondatezza della domanda di accesso al Fondo, che potrebbe giustappunto essere presentata a tale esclusivo scopo». Ad avviso del Commissario, infatti, «non vi è nell'ambito dell'attività di Equitalia, peraltro interamente regolata dalla legge, alcuna dazione di denaro o alcuna prestazione di utilità ma, viceversa, la pretesa di somme dovute all'Erario per tributi non pagati».
Chiarita l'impossibilità, sotto il profilo giuridico di configurare il reato di usura a carico di Equitalia, l'ente concessionario della riscossione precisa che, in ogni caso, gli interessi lamentati dai denuncianti non superano i tassi soglia.
Per arrivare a dimostrare tale superamento i denuncianti sommano in modo improprio, surrettizio e illegittimo l'aggio (che è il compenso spettante all'agente della riscossione determinato dalla legge in misura fissa) con gli interessi e le eventuali sanzioni (che sono di spettanza dell'Ente impositore e anch'essi di importo predeterminato per legge).
L'applicazione dell'aggio è prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112 e la richiesta del pagamento degli interessi per conto degli Enti impositori costituisce l'adempimento di un dovere imposto dagli articoli 20 e 55 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
È pertanto evidente che l'aggio non può essere accumunato agli interessi in quanto:
per sua natura giuridica l'aggio non è riferibile ad un arco temporale;
gli interessi sono di pertinenza dell'Ente impositore, mentre l'aggio, come anzidetto, è remunerazione/rimborso spettante dell'agente della riscossione per il servizio prestato.

Allo stato constano un centinaio di procedimenti penali aperti contro Equitalia.
Nella maggior parte dei casi a conoscenza dell'ente i pubblici ministeri, in ragione delle motivazioni di cui sopra, hanno chiesto l'archiviazione; in tutti i casi in cui i denuncianti si sono opposti alla richiesta di archiviazione dei pubblici ministeri, il giudice per le indagini preliminari ha comunque disposto l'archiviazione.
In alcuni casi, in cui i denuncianti erano certamente consapevoli dell'infondatezza della notitia criminis di cui avevano portato a conoscenza l'Autorità giudiziaria, Equitalia ha anche proceduto a presentare una controdenuncia per calunnia.
In definitiva, Equitalia ribadisce che l'attività degli agenti di riscossione è sempre stata conforme alle prescrizione di legge in materia.
In particolare, quanto al calcolo degli interessi di mora, va richiamato l'articolo 30 del citato decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Detta disposizione, riscritta in esito alle modifiche introdotte con l'articolo 7, comma 2-sexies, e 2-septies del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, prevede che gli stessi interessi, fissati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, siano calcolati sulle somme iscritte a ruolo, escluse le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, a partire dalla data di notifica della cartella di pagamento e fino alla data del pagamento. Tale previsione si applica ai ruoli emessi dopo la data di entrata in vigore della predetta legge di conversione n. 106 del 2011.
Secondo il testo previgente del citato articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il calcolo degli interessi di mora era, invece, effettuato sul coacervo delle somme iscritte a ruolo.
Infine, si segnala che, in ogni caso, gli interessi di mora decorrono giornalmente e non c’è alcun fenomeno di capitalizzazione degli stessi.