• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/08294 le richieste della «Troika» a tutti gli stati della periferia europea si basano su due pilastri: riforme strutturali (liberalizzazione del mercato del lavoro, riduzione del costo del lavoro e...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08294presentato daSORIAL Girgis Giorgiotesto diVenerdì 6 marzo 2015, seduta n. 386

SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
le richieste della «Troika» a tutti gli stati della periferia europea si basano su due pilastri: riforme strutturali (liberalizzazione del mercato del lavoro, riduzione del costo del lavoro e altro) e ampi avanzi primari per abbattere il debito, ma i Paesi che hanno seguito questa strada sono proprio quelli maggiormente in crisi, che presentano le condizioni peggiori sia in termini di performance economica (crescita, occupazione e altro) che di andamento del debito pubblico, come sottolineato da diverse fonti di stampa di grande rilievo come l'Economist;
per quanto riguarda le riforme strutturali: secondo un recente rapporto dell'Ocse segnalato da Steve Keen su Forbes, il Paese dell'eurozona che negli ultimi sette anni ha fatto più riforme strutturali sarebbe proprio la Grecia, seguita dal Portogallo, dall'Irlanda e dalla Spagna;
le riforme non solo non pagano e non sono utili ad uscire dalla crisi ma sono addirittura dannose secondo Steve Keen, che ha scritto: «I principali riformatori, secondo l'Ocse, sono proprio i paesi più malati dell'Europa... A questo punto è perfettamente comprensibile che la Grecia si rifiuti di proseguire il programma della troika: non perché si “rifiuta di assumere la medicina”, ma perché quella medicina si è rivelata un veleno. Come peraltro dimostra anche l'esperienza degli altri paesi in cima alla lista»;
per quanto riguarda il secondo imperativo, ovvero gli avanzi primari, anche in base a questo parametro i Paesi della periferia risultano essere tra i «primi della classe», non solo in Europa ma addirittura a livello mondiale, mantenendo costanti avanzi primari tra il 1992 e lo scoppio della crisi, finanziaria;
Irlanda e Spagna, ad esempio, presentavano prima della crisi un rapporto deficit-prodotto interno lordo e debito-prodotto interno lordo tra i più bassi dell'eurozona, fatto che non ha evitato che fossero travolti dalla crisi, a causa dell'alto livello di indebitamento privato in questi Paesi, dato che non viene preso in considerazione dai parametri di Maastricht interessati unicamente ai livelli di indebitamento del settore pubblico;
l'approccio su cui basa tutta l'architettura di Maastricht, così come il fiscal compact, ovvero la strategia che punta a ridurre il rapporto debito/prodotto interno lordo intervenendo unicamente sul numeratore, aumentando l'avanzo primario dello Stato è intrinsecamente controproducente da un punto di vista economico e sociale perché significa, di fatto, levare risorse all'economia reale per destinarle ai creditori attraverso tagli alla spesa pubblica o aumento dell'imposizione fiscale;
il fiscal compact prevede che i Paesi della periferia, i più indebitati, da qui al 2030 mantengano avanzi primari da capogiro: 7 per cento in Grecia, 6,5 per cento Italia, 5,5 per cento in Portogallo, 3,5 per cento in Spagna;
da un recente studio degli economisti Barry Eichengreen e Ugo Panizza, che hanno analizzato centinaia di casi di Paesi sia emergenti che avanzati che tra il 1974 e il 2013 hanno cercato di perseguire ampi e consistenti avanzi primari, emerge che solo 36 Paesi sono riusciti a mantenere un avanzo primario superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo per almeno cinque anni e che avanzi primari superiori al 4 per cento sostenuti per almeno dieci anni sono estremamente rari;
secondo i due economisti: «Avanzi primari dell'entità e della durata previste dal Fiscal Compact sono pressoché inesistenti nella storia» –:
se il Governo sia consapevole di quanto esposto in premessa e se non consideri urgente attivarsi in sede nazionale ma anche in sede europea per promuovere una nuova attenta analisi e una revisione degli imperativi della «Troika», affinché siano prese in maggiore considerazione sia le, indicazioni dei tanti economisti che criticano in modo netto queste regole, che i dati, stessi dei Paesi europei che smentiscono anno dopo anno la sostenibilità economica e sociale di questo sistema. (4-08294)